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Cinema: Hotel Gagarin, sogni e rinascite in commedia

Nel cast Claudio Amendola, Luca Argentero, Giuseppe Battiston, Barbora Bobulova

Un tragicomico viaggio in Armenia, per cinque italiani in cerca di un nuovo inizio: è quanto racconta, in un mix di cinema e vita, la commedia Hotel Gagarin con Claudio Amendola, Luca Argentero, Giuseppe Battiston, Barbora Bobulova, Silvia D'Amico e Caterina Shulha in sala dal 24 maggio con Altre Storie. A firmarla è Simone Spada, qui all'opera prima dopo oltre 20 anni come aiuto regista per decine di film e fiction, da Non essere cattivo di Claudio Caligari a Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, passando per le prime due commedie trionfatrici al botteghino di Nunziante/Zalone, Cado dalle nubi e Che bella giornata.

    "Racconto un'avventura un po' folle, la stessa che abbiamo vissuto noi, girando anche a -20 gradi, immersi nella neve. E' stata un'esperienza di vita oltre che professionale molto bella. Mi sono forse voluto complicare la vita ma ne sono fiero, anche perché ero circondato da persone fantastiche" spiega il regista all'ANSA, che mostra in anteprima le immagini del backstage del film, prodotto da Lotus Production con Rai Cinema.

"Si parla di esseri umani, di fallimenti e nuovi inizi - dice Spada-. Da ormai 15 anni siamo circondati dalla crisi economica e sociale, volevo raccontare una storia di rinascita, anche personale. I miei personaggi non sono solo precari nella vita di tutti i giorni, ma anche dell'anima. Mi piaceva ribaltarne i destini con qualcosa di insolito". Oggi "c'è bisogno in Italia secondo me di più speranza e voglia di rinascere". Nella storia i protagonisti dal presente incerto, che hanno accettato la strampalata proposta di un film in Armenia, si ritrovano abbandonati dal produttore scappato con i soldi e bloccati nel Paese, dove scoppia all'improvviso la guerra. L'Hotel Gagarin, dove 'fanno base' "diventa una sorta di luogo magico. E' come quando nella vita tutto sembra perduto ma poi arriva la sorpresa".

Perché l'Armenia come location? "Mi ricordava l'Italia degli anni '50. E' un Paese che ha affrontato un doloroso genocidio, ma è anche ricchissimo di tradizioni culturali e religiose. Le persone hanno una sensibilità molto più simile alla nostra di altre ex Repubbliche sovietiche. Ricorda un po' l'Italia degli anni della ricostruzione, dopo la II guerra mondiale".

Nel film, aggiunge Spada "ho shakerato anche alcune suggestioni del cinema che amo, dalla poetica della fuga di Salvatores a Little Miss Sunshine, da L'uomo delle stelle a Hugo Cabret". Nei suoi anni da aiuto regista quella con Caligari per Non essere cattivo "è stata l'esperienza della vita. Claudio mi ha insegnato tantissime cose anche a livello umano, ancora adesso che ne parlo mi commuovo. Era un regista preparatissimo aveva una morale molto forte, un'etica del lavoro, un amore e una conoscenza per il cinema sconfinati".

Leggendo invece per la prima volta la sceneggiatura di Lo chiamavano Jeeg Robot cosa hai pensato? "Che oltre all'essere così ricco di idee coraggiose era un film con un'anima profonda, credo sia stato questo il suo segreto". E cosa ti ha lasciato il lavoro sui set di Checco Zalone? " Lui è fuori campionato, i suoi film hanno rivoluzionato il panorama del blockbuster italiano. E' un geniaccio, trasversale e divertente".
   

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