"Hannah è la mia parte ideale perché ciascuno di noi nella vita è chiamato a raccogliere sfide emotive importanti". Charlotte Rampling riassume così il percorso che l'ha portata ad accettare il ruolo eponimo che il regista Andrea Pallaoro aveva scritto per lei nel film 'Hannah', interpretazione che le è valsa la Coppa Volpi all'ultima Mostra del cinema di Venezia. In occasione dell'uscita del film nelle sale italiane, il prossimo 15 febbraio, l'attrice britannica ha incontrato la stampa oggi a Milano. "L'universo emotivo del personaggio lo rende un ruolo di primo piano - spiega l'attrice - Hannah fa esperienza fisica ed emotiva di un evento traumatico, con cui non sa quanto tempo impiegherà per scendere a patti, dopo quanti sacrifici, quanta disperazione: sono sensazioni ed esperienze profondamente umane che in qualche modo a ciascuno capita di fare". Per questo, Rampling ha trovato una connessione intima con il personaggio, una donna che cerca di fare i conti con l'arresto del marito per un reato mai rivelato. "Se vogliamo questo può avere anche una valenza sociale: qualunque opera d'arte parla all'umanità". Sono istanze universali, più che di attualità, argomento sul quale Rampling mantiene invece riserbo: "Perché #MeToo ha attecchito più negli Stati Uniti che non in Europa? Mi limito a dire che gli americani fanno le cose in modo molto diverso dagli europei".
La pellicola insomma vuole essere soprattutto un cammino nelle profondità di un animo traumatizzato, da qui la scelta di non rivelare la causa dell'arresto: "Non volevo che ci fossero distrazioni strutturali e narrative, ma che lo spettatore si proiettasse in lei per provare una catarsi", spiega il regista Pallaoro, che a primavera 2018 inizierà le riprese di 'Monica', secondo capitolo di una trilogia iniziata con 'Hannah'.
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