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Venezia: Clooney, c'è una nuvola nera sull'America. Applausi per Suburbicon

Nel film in concorso al Lido gli States razzisti e ipocriti di ieri e di oggi

"Oggi c'è una nuvola nera sull'America. Tutti nel Paese sono arrabbiati al massimo. Arrabbiati su come il Paese sta andando. Mentre giravamo il film sentivo in televisione discorsi elettorali che parlavano di muri da alzare e di come rendere forti e grandi gli States, proprio come faceva Eisenhower. Queste problematiche purtroppo non sono mai morte negli Usa". Così George Clooney oggi al Lido per il suo film in concorso al Venezia 74, Suburbicon, con nel cast Matt Damon, Julianne Moore, Noah Jupe e Oscar Isaac. 

(FOTO di CLOONEY AL LIDO di ETTORE FERRARI)

A chi gli chiede poi, a fine incontro stampa, se si candiderebbe alla presidenza, risponde: "Potrebbe essere divertente, farei comunque il tifo per qualsiasi altra persona volesse farlo". In questa commedia-thriller scritta dai fratelli Coen, Clooney ci porta nel 1959, nel caramellato quartiere di Suburbicon, ispirato al centro di Levittown (Pennsylvania), dove gli americani difendono la loro identità bianca alzando muri. E questo quando arriva una famiglia di colore, i Meyers, che mette tutto in subbuglio tutta la comunità. Ma il vero problema nel quartiere è quello che accade nella famiglia di Gardner Lodge (Matt Damon), impacciato capofamiglia che vive con la moglie paralizzata, Margaret (Julianne Moore), la sorella di lei (ancora la Moore), e il figlio adolescente Nick (il bravissimo Noha Jupe).

"Sono cresciuto durante gli anni dei diritti civili, ma il nostro vero peccato originale è la schiavitù - aggiunge Clooney, qui al Lido insieme alla moglie Amal e i due figli gemelli di tre mesi -. Ora continuiamo a guardare nella direzione sbagliata, diamo la colpa alle minoranze, ma queste non hanno nulla a che fare con i nostri problemi. Non a caso - aggiunge il regista-attore - ho messo al centro di Suburbicon questa famiglia bianca e folle, per far capire che allora, come oggi, si è guardato nella direzione sbagliata".

Clooney comunque, da sempre impegnato nelle battaglie sui diritti civili, non cita mai direttamente Trump e anzi smentisce, con un certo stile, di parlare davvero del presidente Usa quando gli viene chiesto: "Non è un film su Donald Trump, ma sul fatto che non abbiamo mai affrontato davvero i problemi razziali. Pensate a quello che è successo in Pennsylvania con la bandiera confederata. Non si può mettere su un edificio un simbolo di schiavitù. E' un delitto". D'accordo su tutto Matt Damon: "In questo film si parla del privilegio dei bianchi. Il mio personaggio, ad esempio, attraversa senza troppa paura il quartiere in bicicletta pur essendo pieno di sangue. Non ha paura, perché sa che se lo dovessero fermare la colpa sarebbe sempre e comunque dei neri. Queste dinamiche negli Usa purtroppo non scompariranno mai". Julianne Moore invece crede nell'impegno in prima persona: "Se la nuova generazione americana sarà migliore di quella presente dipenderà solo da noi. Io come cittadina sento che bisogna essere attivi in questo senso". A citare direttamente Donald Trump, che sembra essere stato il motore della rabbia che ha contagiato il set di Suburbicon, è in conferenza stampa solo il cosceneggiatore-produttore Grant Heslov: "Mentre giravamo vedevamo Trump parlare del muro in Messico. E in noi montava la rabbia".

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