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Scorsese conquistato dai rom di A Ciambra

Coproduttore esecutivo per film dell'italo americano Carpignano

Una comunità Rom di Gioia Tauro, che si mette in scena con una storia di fiction ispirata alla propria realtà, tra crimini e profonda unione famigliare. Un mondo apparentemente impenetrabile che ha accettato di farsi raccontare dal cinema verité dell'italo americano 33enne Jonas Carpignano (mamma di New York ma nata nelle Barbados, papà romano) nella sua opera seconda, A Ciambra: dopo il debutto alla Quinzaine des Realisateurs a Cannes, dove ha vinto il premio Europa Cinema Label, il film esce il 31 agosto in 40 - 50 copie con Academy Two. Dietro questo coinvolgente romanzo di formazione che ha per protagonista il rom 14enne Pio (Pio Amato, che recita insieme alla sua famiglia, con cui è stato anche a presentare il film sulla Croisette), c'è, come coproduttore esecutivo, anche Martin Scorsese che ha assegnato al film il fondo creato con altri produttori per supportare registi emergenti. Il mondo di A Ciambra ''è così definito, così intimo, che mi sembrava di vivere insieme ai personaggi e a Carpignano - aveva dichiarato Scorsese -. E' un film bello e commovente''. Il sostegno del cineasta potrebbe aiutare se A Ciambra venisse designato come titolo italiano in gara agli Oscar. Intanto, oltre ad essere stato venduto in oltre 15 Paesi, è entrato nella selezione di 51 lungometraggi in gara (gli altri italiani sono Fortunata, Rosso Istanbul e Indivisibili) agli Efa.
    ''Avere Scorsese nel progetto è un sogno - spiega in conferenza stampa Carpignano in un italiano con una lieve inflessione yankee -. Quando mi hanno detto che stava visionando la versione per Cannes ero scioccato, temevo una figuraccia.
    Invece lui mi ha aiutato molto a trovare al montaggio per la versione finale, l'equilibrio tra l'elemento documentaristico e la storia''. Carpignano, cresciuto negli Usa, da anni ha scelto di vivere a Gioia Tauro, dove ha realizzato anche la sua opera prima, Mediterranea, sugli immigrati africani in Calabria. ''Ho conosciuto i rom di A Ciambra nel 2011 quando mi era stata rubata la macchina con tutta l'attrezzatura cinematografica ed ero andato da loro per riaverla indietro.
    Resti subito colpito da quella realtà, tra i bambini che fumano, guidano e l'unione della comunità, che è un punto di forza, ma anche di debolezza. Lì ho incontrato per la prima volta Pio, allora 11enne, in giacca di pelle e sempre con la sigaretta in mano. Mi seguiva dappertutto, in qualche modo mi ha scelto lui.
    E attraverso di lui ho incontrato e sono stato accettato dalla sua famiglia''. Pio, nel film, è un 14enne molto intelligente ma che non sa leggere (''è realmente così'' dice Carpignano). Interagisce liberamente con gli italiani e gli africani a differenza della sua comunità, ma per sentirsi grande, vuole partecipare ai piccoli traffici e furti di famiglia (dal rame alle auto). Il sentirsi troppo sicuro però gli farà commettere un grave errore e l'unione famigliare lo porterà a una scelta molto difficile.
    La sceneggiatura ''è nata con un approccio documentaristico.
    Ho inserito scene e esperienze che vivono realmente''. Gli Amato non avevano problemi ''a far vedere le loro attività come i furti, anzi ne vanno quasi fieri. Lo vedono come un modo di sopravvivere, non si considerano ladri''. E per Carpignano come cineasta ''è importante rispettare e trasmettere la realtà''.
    Pio ne è ancora parte? ''Sarebbe bello dire che ora ha altre prospettive, ma quella è la sua vita. il film è stata solo un'esperienza''.
   

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