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Teresa Ciabatti, 'La più amata' un percorso di liberazione

Teresa Ciabatti, 'La più amata' un percorso di liberazione

Scrittrice candidata allo Strega da Mondadori "al premio i nemici ti danno per vincitore"

ROMA, 30 marzo 2017, 10:56

Mauretta Capuano

ANSACheck

Ciabatti - RIPRODUZIONE RISERVATA

Ciabatti - RIPRODUZIONE RISERVATA
Ciabatti - RIPRODUZIONE RISERVATA

Non si mette dalla parte dei buoni, non fa atti d'accusa e non dà giudizi Teresa Ciabatti nel suo libro più autobiografico, 'La più amata', in cui racconta un percorso di "liberazione" e riesce, parlando della sua famiglia e della sua vita, a renderla universale.

Candidato al Premio Strega 2017 da Mondadori, sostenuto da Edoardo Nesi e Stefano Bartezzaghi, è un romanzo che è "riuscito ad emozionare" dice all'ANSA la Ciabatti. Felice della candidatura al più ambito premio letterario italiano, al quale in molti la danno già superfavorita alla vittoria, racconta: "Non ho mai vinto niente in vita mia, ne sono mai stata candidata a nulla, a parte il premio Anguilla d'Oro a Orbetello nel 2006 che viene dato alle persone che si sono messe più in vista. Darmi già per vincitrice è la classica cosa che si fa per bruciare un candidato. I nemici ti danno per vincitore, ma in questa edizione ce la giochiamo tutti allo stesso modo. Lo Strega è il massimo riconoscimento che si può avere. Non c'è mai stato uno Strega dato a un libro che non valeva".

 "Dei libri precedenti mi dicevano 'hai una scrittura fredda'. Non riuscivo a creare empatia. E' strano che ci sia riuscita raccontando la cosa più autobiografica che potessi, la mia famiglia" spiega la giornalista-scrittrice, 44 anni, autrice di libri come 'Adelmo, torna da me' e 'I giorni felici'. E non deve essere stato facile fare i conti con la figura del padre Lorenzo Ciabatti, il Professore come lo chiamavano tutti, primario dell'ospedale di Orbetello, fascista convinto, amico di Licio Gelli, che conservava lingotti d'oro cifrati nel cassetto del comodino, al quale gli amici intonarono 'Faccetta nera' al matrimonio. Da lui Teresa si è sentita molto amata e nel libro lo conosciamo al momento del suo sequestro. "Lo ho pianto come la persona che più mi amava. Prima lo ho messo in discussione nei sogni, però poi lo ho perdonato" racconta.

E neppure deve essere stato facile confrontarsi con la figura della madre, Francesca Fabiani, romana, figlia di una sarta, laureata anche lei in medicina, che sposa un uomo di cui è molto innamorata ma che non sembra aver capito bene chi sia: "non prende troppo sul serio il suo essere fascista e non affronta mai la verità, lo contesta tutta la vita vestendosi da hippy, non usando gioielli, fino alla depressione e a finire addormentata per un anno" spiega la Ciabatti e dice: il mio vero confronto è stato con lei. Io la ho odiata".

La Ciabatti, pur facendo espliciti accenni, non si sofferma sull'ideologia e la politica nella sua autofiction, sincera e un pò thriller. Guarda le cose dall'interno della realtà familiare. "Mio padre era un fascista. Lui e i suoi amici erano persone che facevano sul serio però ho capito quanto fosse più interessante farlo vedere nell'aspetto familiare, interno. Addormentare la moglie per un anno dice molto di più che parlare del golpe borghese" sottolinea. "Nulla di coraggioso e rivoluzionario. Piuttosto - aggiunge - un prendersi le proprie responsabilità. Mi chiedo perchè io sono questa donna qui, cosa mi hanno fatto? Ma non c'è un giudizio. Se c'è il male ci sono anche io dentro" dice la scrittrice e spiega: "A sei anni avevamo un cadavere dentro casa. Mio fratello gemello si ricorda di mia madre che dormiva in una stanza, depressa. Mia nonna materna, una sarta, non aveva gli strumenti per contrastare tutto questo ma è sempre rimasta con noi ed è quella che più di tutti ha fatto la guerra a mio padre".

Lavorando al libro la stessa Ciabatti ha scoperto tante cose che non sapeva ma sa che "non saprà mai bene chi è stato davvero suo padre" e non "le importa più". "Io ero la regina e misuravo il suo amore alzando le richieste. Per la festa dei miei 18 anni riuscii a far affittare Villa Miani ma non avevo amici per riempirla. Stavo sulla scalinata con un vestito verde acqua disegnato da me, e non saliva nessuno" dice raccontando uno degli episodi che, come altri, non ha inserito nel romanzo.  "Crescendo capisci che la verità è quello che noi percepiamo. Bisogna liberarsi da questa mania".

Lei si è liberata da un'ossessione e ora si pone in modo diverso verso le cose. "E' la cosa che ho sempre voluto raccontare ma non lo sapevo. Non ci ho messo tre anni ma quaranta. Anche i libri precedenti giravano intorno a questo ma così, con i nomi veri, è stato un passaggio importante, di liberazione, una specie di ultimo atto. Ora cerco di dedicarmi ai vivi più che ai morti. Con mia figlia che ha 7 anni ho fatto per la prima volta il bagno al mare quest'estate" dice.
   

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