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Robert Frank e quel sogno americano infranto

Robert Frank e quel sogno americano infranto

Dal 30/11 in mostra a Milano la serie completa "The Americans"

29 novembre 2016, 12:16

Paola Mentuccia

ANSACheck

Municipio, Reno, Nevada, 1956. Robert Frank, da Gli Americani - RIPRODUZIONE RISERVATA

Municipio, Reno, Nevada, 1956. Robert Frank, da Gli Americani - RIPRODUZIONE RISERVATA
Municipio, Reno, Nevada, 1956. Robert Frank, da Gli Americani - RIPRODUZIONE RISERVATA

Robert Frank aveva 34 anni quando in Francia fu pubblicata la prima edizione di "Les Américains". L'anno seguente uscì negli Stati Uniti con il titolo "The Americans", un libro con 83 immagini in bianco e nero, scattate durante un viaggio negli Stati Uniti nel 1955, che di lì a poco avrebbe cambiato la grammatica e la storia della fotografia, sfidato la grandezza dei lavori dei suoi predecessori e mentori Walker Evans e Henri Cartier Bresson, mostrato la drammatica solitudine delle persone e svelato, in maniera cruda e spietata, il profondo abisso tra la grigia realtà quotidiana statunitense e lo splendore dell'"American Dream".

Dal 30 novembre al 19 febbraio, la galleria Forma Meravigli, in collaborazione con Contrasto, espone per la prima volta a Milano la serie completa del progetto fotografico, forse il più importante del ventesimo secolo. Oggi Robert Frank è tra i più grandi fotografi viventi. All'età di 92 anni è rimasto il personaggio schivo di sempre, un 'outsider' che non si fa scalfire da riverenze e celebrazioni. Quello che ha dato all'umanità attraverso le sue foto è qualcosa di naturale e irripetibile: "Il genere di fotografia che ho fatto - ha detto al quotidiano britannico The Guardian qualche anno fa - è finito. È vecchio".

Eppure, a distanza di oltre mezzo secolo da quando sono state scattate, quelle foto parlano ancora di un'epoca passata e attuale. Per dirlo con le parole di Jack Kerouac, suo fraterno compagno di avventure e autore della prefazione di "The Americans", "nelle formidabili foto scattate durante il lungo viaggio attraverso qualcosa come quarantotto Stati su una vecchia macchina di seconda mano", in nove mesi Robert Frank ha catturato "quella folle sensazione in America, quando il sole picchia forte sulle strade e ti arriva la musica di un jukebox o quella di un funerale che passa". "Ha fatto emergere una triste poesia dell'America e l'ha trasformata in pellicola, collocandosi tra i poeti tragici del mondo". Pur senza una pretesa di denuncia sociale, ha messo a fuoco l'amaro ritratto di una popolazione consumata nel mostrare un'appartenenza collettiva ma costellata di sguardi persi nel vuoto. I soggetti presi alla sprovvista da Frank sono distratti e stanchi, alienati e afflitti da un'abituale solitudine.

Nato e cresciuto a Zurigo e di adozione statunitense, il fotografo ha avuto quella lucidità esterna per accorgersi della falsità alla quale la società americana era assuefatta e la libertà di svelare la vita ordinaria del cittadino medio sulle strade, nei parchi, nelle fabbriche, suscitando l'indignazione dei critici dell'epoca, perché quel ritratto dell'America 'allo stato grezzo' faceva paura. Robert Frank ha costretto un'epoca intera a fare i conti con la realtà nascosta dietro una sventolante bandiera a stelle e strisce, con un'America che era davanti agli occhi di tutti ma che non si aveva il coraggio di guardare.

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