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Who, i tirannosauri del rock ruggiscono ancora

Who, i tirannosauri del rock ruggiscono ancora

Sold out a Bologna per 1/a italiana tour 50 anni carriera

BOLOGNA, 18 settembre 2016, 19:19

Tommaso Galligani

ANSACheck

The Who in concert - RIPRODUZIONE RISERVATA

The Who in concert - RIPRODUZIONE RISERVATA
The Who in concert - RIPRODUZIONE RISERVATA

   A 72 anni suonati Roger Daltrey non ha ancora perso l'abitudine di cantare mostrando al pubblico i pettorali con la camicia sbottonata fino allo stomaco; né Pete Townsend, che di anni ne ha appena uno di meno, pare avere alcuna intenzione di suonare rinunciando alla sua tipica bracciata a mulinello sulla chitarra, da effettuarsi rigorosamente a gambe spalancate in faccia all'amplificatore.
    Benvenuti allo show degli Who, veri e propri tirannosauri del rock che non manifestano però, ad oltre 50 anni dal loro debutto sulle scene, alcuna voglia di estinguersi. Straripa letteralmente di gente l'Unipol Arena di Casalecchio alle porte di Bologna, prima tappa della branca italiana del loro tour internazionale (l'altra e Milano il 19) in omaggio al superato mezzo secolo di carriera, infaticabilmente in corso sui palchi di mezzo mondo dallo scorso anno. Sostenuti impeccabilmente dai virtuosi Zak Starkey (batteria), e Pino Palladino (basso), reclutati con la funambolica incombenza di sostituire con dignità due mostri sacri come Keith Moon e John Entwistle, ed aiutati anche dal fratello più giovane di Townsend, Simon (chitarra ritmica e cori), gli Who dell'annata 2016 hanno impartito per due ore filate una lezione di rock granitico senza tempo e soprattutto senza perdere un colpo. Il ruggito leonino di Daltrey è praticamente intatto nonostante l'incedere dell'età (gli si perdona qualche piccolo traballamento sull'impossibile partitura di Love reign o'er me, distillata da Quadrophenia) e raggiunge le note più alte con la stessa scioltezza di sempre; il vecchio Pete intaglia con la sua sei corde tutta la massiccia ruvidezza che serve a contraltare l'energia vocale del cantante, si diverte a sostituirlo al microfono su qualche pezzo (come l'electro funkeggiante Eminence front, sparata diretta dagli anni '80) e scherza con il pubblico. ""Wonderful Bologna!C' è nessuno di Ferrara qua? ho due nipotini a Ferrara, uno è davvero carino, l'altro è terribile". Risate. La scaletta non prevede tregua: dopo l'attacco incalzante di uno dei loro primi successi sixties, I can't explain parte l'allegria del singolone settantiano Who are you, poi c'è la dolcezza decisa di Pictures of Lily e le atmosfere sognanti di I can see for miles. Con la tonante My Generation il palazzetto trema; sul grande schermo passa un messaggio di solidarietà alle vittime del terribile sisma di agosto. "Mandiamo un pensiero alle famiglie colpite dal terremoto", si legge, in italiano. Applausi. Quindi un colpo un classico: c' è la commovente Behind blue eyes (con tutto il pubblico che canta in coro); Bargain, con i suoi picchi che mettono alla prova le corde di Daltrey. La seconda parte del concerto è dedicata alle due indimenticabili opere rock confezionate dagli Who negli anni '70, Tommy e Quadrophenia, dove a mettersi in mostra è anche il virtuosismo di Starkey alla batteria; i 12 mila fan vibrano all'unisono sulle scudisciate di elettricità di Pinball wizard, per esplodere e sciogliersi definitivamente all'inconfondibile attacco ipnotico di Baba O' Riley. Gli Who salutano l'arena a piena potenza con una rocciosissima versione di I won't get fooled again e Daltrey, prima di lasciare l'arena, saluta il pubblico con un affettuoso omaggio. "Grazie per non aver scatenato una sommossa - sorride - ogni volta che siamo venuti in Italia scoppiava sempre qualche sommossa. Ma erano altri tempi. E voi stasera siete stati fantastici".
   

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