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Camilleri e Arbore si raccontano: 'Ci ha salvati l'ironia'

Per lo scrittore siciliano 'l'Europa pagherà errori su migranti'

Non salgono mai in cattedra, eppure sono stati testimoni e sono tuttora protagonisti della cultura, dell'arte, dell'invenzione e, come ha suggerito Lella Costa, "dell'etica nel nostro Paese". Andrea Camilleri e Renzo Arbore, uno di fronte all'altro. La meraviglia della Basilica di Massenzio e una platea colma di spettatori come scenario.
   Alla seconda serata di Letterature, Festival Internazionale di Roma, tra racconti e riflessioni, inframmezzati dalla voce di Olivia Sellerio, la Costa li ha guidati lungo un tracciato di aspetti in comune: la parola parlata, all'esame della quale Camilleri fa "passare la parola scritta dei libri" e fulcro, per Arbore, di "un periodo irripetibile" quando decise, con Gianni Boncompagni, "di fare la radio improvvisata"; l'ironia con cui entrambi non si prendono troppo sul serio: "il surreale - ha detto Arbore - è più avanti del reale e il personaggio di fantasia mi piace molto di più dell'imitazione perché è inaspettato, è la sublimazione dell'immaginazione"; aver vissuto un periodo di forte fermento artistico, avere un rapporto estremamente confidenziale con la cultura profonda, ma tirarla fuori in maniera "sghemba" e mai presuntuosa.
   "Quando mi parlano di cultura a me vengono in mente le parole di 'Ma la notte no' e 'Il clarinetto'", ha ironizzato Arbore citandone alcuni versi. "Tra la cultura alta e bassa, io ho scelto una doppia lettura, - ha aggiunto - inventare delle cose anche per quelli, come si diceva un tempo, 'non attrezzati culturalmente'". Per lo scrittore siciliano, "in Italia si ha un'idea sacrale e troppo seria della cultura. Ma, come diceva Eluard, la poesia non è sacra, è fatta da uomini per gli uomini, è pane appena sfornato, bisogna averne rispetto ma non inginocchiarsi di fronte ad essa".
   Camilleri ha raccontato la sua corrispondenza con Bill Clinton tramite una bizzarra telefonata con il premier Matteo Renzi, Arbore gli episodi di improvvisazione creativa nei suoi spettacoli. Il pubblico ha applaudito, si è riconosciuto, si è divertito. Ma non è mancata una riflessione su un periodo storico di sofferenza e di perdita di dignità umana, di fronte al quale l'arte non può restare indifferente. Renzo Arbore ha introdotto "L'altro capo del filo", ultimo e centesimo libro di Andrea Camilleri edito da Sellerio, e ha raccontato quando le famiglie di migranti italiani srotolavano un gomitolo man mano che il proprio caro si allontanava sulla nave con in mano il capo del filo. "Mi ripugna sentire la parola 'diverso' perché mi ricorda le leggi razziali - è intervenuto lo scrittore - Quelli che arrivano non sono una minaccia, possono anche essere una ricchezza, e non dobbiamo avere paura. L'errore che sta facendo l'Europa lo pagheremo caro". Camilleri ha raccontato anche la visita in un asilo di Roma dove bambini italiani e di altre 18 nazionalità giocano insieme: "Si abbracciano e si dividono le merendine. - ha detto - Quale deve essere la nostra parola d'ordine? Dividiamoci le merendine". 
   

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