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Gruppo Zero, la rivolta nell'arte Anni Sessanta

Gruppo Zero, la rivolta nell'arte Anni Sessanta

Al Padiglione delle Arti di Marcon (Venezia) grande rassegna in contemporanea con Guggenheim Ny

ROMA, 07 ottobre 2014, 18:50

Nicoletta Castagni

ANSACheck

Shozo, Shimamoto Whirpool (1965) in mostra al Padiglione delle Arti di Marcon (Venezia) per Around Zero - RIPRODUZIONE RISERVATA

Shozo, Shimamoto Whirpool (1965) in mostra al Padiglione delle Arti di Marcon (Venezia) per Around Zero - RIPRODUZIONE RISERVATA
Shozo, Shimamoto Whirpool (1965) in mostra al Padiglione delle Arti di Marcon (Venezia) per Around Zero - RIPRODUZIONE RISERVATA

  Con 130 opere di una sessantina di artisti, fra cui figurano Pomodoro, Spoerri, Mack, Munari, Fontana, una grande mostra allestita al Padiglione delle Arti di Marcon (Ve) dal 10 ottobre al 30 novembre racconta per la prima volta la straordinaria avventura del Gruppo Zero. Nato in Germania a cavallo tra gli anni '50 e '60 del '900, il movimento si diffuse presto in tutto il mondo nel segno di una rottura definitiva con i dogmi dell'arte e i principi dell'attività pittorica fino ad allora tramandati.
    Promossa dal Padiglione delle Arti e dall'Associazione Culturale Dedalo River, l'importante rassegna (che si svolge in contemporanea con 'Countdown to tomorrow: 1950s-60s' allestita al Guggenheim Museum di New York) si intitola 'Around Zero' ed è stata curata dal critico d'arte Luca Beatrice e dal collezionista Willy Montini che hanno selezionato un significativo nucleo di opere per mettere a punto una retrospettiva senza precedenti in Italia.
    In una sconfinata produzione artistica, non è del resto stato facile documentare quello che fu un vero e proprio cambiamento epocale, una sorta, per l'appunto, di 'ripartire da zero', da cui scaturì una nuova Weltanschauung orientata alla libera creatività e con molti punti di contatto e di sintesi con l'elettromeccanica, la cinetica, l'elettromagnetismo. Senza contare che il movimento mirava a coinvolgere lo spettatore in un rapporto interattivo con l'opera, precorrendo gli effetti illusionistici dell'optical art contemporanea.
    "Aldilà dei suoi fondatori storici, Heinz Mack, Otto Piene e Gunther Uecker - spiega Luca Beatrice - Zero, uno dei movimenti più innovativi sorto a cavallo tra due decenni decisivi nella più completa ridefinizione del termine arte contemporanea, funziona da traino per tutti quegli artisti che, ragionevolmente, possono fregiarsi del titolo di avanguardisti".
    Ecco dunque che "in questo curioso e nutrito elenco si trovano cinetici, programmatici, optical, analitici, gli esponenti dei Gruppi N, T, Nul, Grav, Azimuth, che sono comunque esperienze limitrofe". Un mare magnum che viene ora restituito al visitatore attraverso una rilettura storico-critica di oltre 130 opere realizzate da 60 artisti internazionali che contribuirono alla diffusione del movimento a livello planetario.
    Nel percorso espositivo della mostra di Marcon saranno allestite quattro sculture in bronzo di Arnaldo Pomodoro, il Light Project di Nanda Vigo, gli assemblage di Daniel Spoerri, le creazioni di Heinz Mack e Bruno Munari. E ancora, il Concetto spaziale di Lucio Fontana, la Struttura modulare nera di Paolo Scheggi e oggetti motorizzati sperimentali. Si potranno ammirare, unitamente a litografie e serigrafie, numerosi manifesti originali delle moltissime mostre cui parteciparono gli artisti del movimento, suddivisi quindi secondo la loro appartenenza nazionale: dalle creazioni dei tedeschi del gruppo Zero a quelle degli italiani dei gruppi Azimuth, T e N, dai francesi di Grav agli Olandesi del gruppo Null. E ancora, i cinetici sudamericani e i giapponesi di Illumination e Gutai.
    Non mancheranno opere di altri artisti che sono entrati in contatto con essi e con le loro idee, a volte influenzandoli, come Bruno Munari e Lucio Fontana.
    La retrospettiva si svilupperà attorno a temi portanti della nuova Weltanschauung anni '60. Prima di tutto l'allontanamento dalla tradizione pittorica, che ha trovato il grado zero nell'uso del monocromo, a seguire la sperimentazione di nuovi materiali come vetro, specchi, plexiglass, alluminio o acciaio, scelti all'epoca dagli artisti per esaltare elementi inediti nella semantica artistica quali la luce, il movimento e lo spazio intesi come soggetto e medium dell'opera. Si parlerà anche dello stretto legame con la tecnologia e con la scienza, mediante le quali si cercava di definire un nuovo linguaggio. Perché, per dirla con Otto Piene, uno dei fondatori del Gruppo, "Zero è il silenzio. Zero è il principio". E commenta Luca Beatrice: "Superare le identità, le distanze e i limiti è dunque uno dei primi traguardi che si poneva l'arte di allora. E come elemento simbolico per tale ambizioso rilancio viene scelto il numero che può voler dire tutto o niente a seconda di come lo usi". 'Zero', appunto.
   

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