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Festival Filosofia: migliaia in piazza

Festival Filosofia: migliaia in piazza

Tra gloria e insicurezza presente, temi fanno riflettere su oggi

MODENA, 14 settembre 2014, 20:06

Paolo Petroni

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Chiude il Festival Filosofia che ha portato in piazza migliaia di persone, talvolta attente e silenti, come per seguire gli impegnativi concetti di Emanuele Severino, altra capaci di tifo da concerto rock, come nel caso della lezione magistrale di Umberto Galimberti, comunque rendendo sempre vivi i 51 appuntamenti principali attorno ai quali si sviluppa, anche con mostre, film, concerti e spettacoli, il Festival tra Modena, Carpi e Sassuolo. Il tema di quest'anno era la Gloria, e parlando di questa, di fama e celebrità, abbiamo scoperto che la maggioranza dei filosofi, sociologi e studiosi alla fine ci hanno parlato del presente e della fragilità: la fragilità dell'uomo d'oggi, con la sua solitudine e i suoi legami fluidi e pronti a cedere per un nonnulla, con un desiderio di appartenere a una comunità, di cui si è perduto il senso, appartenendo al massimo alle comunità virtuali dei social network, come ha fatto notare con le sue puntuali analisi Zigman Bauman.

Naturalmente se si parla di Gloria e di filosofia, una parte importante l'hanno gli antichi, a cominciare dai greci, cui fanno riferimento moltissimi, da Remo Bodei a Jean-Luc Nancy, ma man mano che ci si avvicina ai nostri giorni ecco che il tema si trasforma in quello della celebrità e della visibilità, molto più effimero e privo di contenuti, finendo di giocare solo sull'identificazione e il senso di appartenenza a un gruppo vasto, che ama quel personaggio e, se si è in tanti, vuol dire che una ragione c'è, che si ha ragione. Ecco perché c'è chi dice che le celebrità oggi, celebrità ormai del tempo libero e non più dell'arte e del lavoro, sono necessarie alla gente. Sono i mezzi di comunicazione visivi, dalla fotografia al cinema e la tv che hanno aiutato questo passaggio dall'autore celebre (pittore, musicista, scrittore) all'interprete celebre, attore innanzitutto, personaggio televisivo, e cosi' via, che più appare e diviene familiare, come ha spiegato Nathalie Heinich.

Ecco Milad Doueihi che affronta il tema liquido della reputazione Web e Michela Marzano che parla del protagonismo, senza radici e effimero, dei nostri tempi, visto che si basa appunto sull'insicurezza, l'insicurezza di chi non si sente riconosciuto. ''Il desideri di gloria, di apparire deriva da un senso totale di insicurezza circa il proprio valore, dalla mancanza di fiducia nei propri mezzi'', anche perchè una società costruita sull'egotismo e l'egoismo porta all'assenza di interesse per l'altro, di cui si cerca il consenso come fosse a prescindere. E se Marc Augè ha parlato delle glorie letterarie e della loro costruzione da parte degli artisti, Ellis Cashmore si è soffermato sul valore e senso della celebrità in genere, partendo dai campioni dello sport e calciatori come Becham, ricordandoci che per i fans la celebrità è comunque sempre virtuale, è una costruzione del loro immaginario che parte da alcuni fatti, ma ha poco a che vedere con le persone reali.

In tanto parlare di visibilità e gloria, alla fine, anzi in apertura, è arrivato anche Gernot Bohme a far notare, in questo Festival, che a cercar visibilità oggi sono anche i filosofi, che anzi ne hanno bisogno e se prima l'unico strumento che avevano erano i libri, oggi sono più importanti dei testi, radio, tv e media vari. Il pericolo - dice Bohme - è che apparenze e propria vera personalità e idee finiscano per non coincidere più, con una grave perdita di quell'autenticità di cui la filosofia ha sempre bisogno.

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