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Martina Rossi, fu tentato stupro. Confermate le 2 condanne

I condannati chiedono di andare ai servizi sociali

La Cassazione ha messo la parola fine, che i genitori di Martina Rossi hanno tanto atteso. La giovane studentessa genovese non si è suicidata, ma è precipitata dal balcone di una terrazza di albergo a Palma di Maiorca nel tentativo di sfuggire a una violenza sessuale. A questa conclusione dopo 10 anni sono arrivati i processi. E' definitiva la condanna a 3 anni per Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi.

I due trentenni condannati chiederanno l'affidamento ai servizi sociali. E' stato loro notificato il decreto che prevede la sospensione della pena in attesa che venga stabilita la modalità di espiazione della condanna. "Ora abbiamo 30 giorni per la richiesta dell'affidamento ai servizi sociali", ha spiegato un difensore di Vanneschi, avvocato Stefano Buricchi.

Dopo la sentenza papà Bruno può rivolgersi alla figlia: "Non ci deve essere più nessuno che si possa permettere di far del male a una donna e passarla liscia. Adesso posso dire a Martina che il suo papà è triste perché lei non c'è più, ma anche soddisfatto perché il nostro paese è riuscito a fare giustizia". "Martina - come ha detto il legale della sua famiglia, Luca Fanfani - è morta in conseguenza di un tentativo di stupro, non esiste un'altra verità. Ora la Spagna chieda scusa per come archiviarono dopo tre ore e affittarono la camera".

"Di tenerli in galera non mi interessa, quello che importa è che giustizia sia stata fatta e che l'immagine di mia figlia sia stata ripulita", dice ancora Bruno Rossi riferendosi ai condannati, a 3 anni, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi i quali chiederanno l'affidamento ai servizi sociali. "La storia però non finisce qui visto che a Genova è in corso il processo per gli amici di Albertoni e Vanneschi, che erano con loro in Spagna e che hanno raccontato un sacco di bugie". Infine, un ultimo pensiero: "Non ho ancora deciso ma non è esclusa la causa civile".

La quarta sezione penale, dopo sette ore di udienza e due di camera di consiglio ha dichiarato inammissibili i ricorsi della difesa dei due giovani aretini, ormai trentenni. Martina Rossi è morta 10 anni fa a Palma di Maiorca, cadendo dal balcone di un albergo mentre era in vacanza con le amiche. La vicenda processuale è stata lunga, tanto che la pronuncia della Cassazione è arrivata nell'imminenza della prescrizione. Per la procura generale non c'erano dubbi: la sentenza è giusta e va resa definitiva. Secondo la pg Elisabetta Ceniccola la ragazza non si è suicidata, come si è creduto all'inizio, e come vuole la tesi difensiva, ma ha scavalcato la balaustra, finendo di sotto, per sfuggire a una violenza sessuale, e il reato non si è prescritto.

Ha chiesto per questo di respingere i ricorsi di entrambi gli imputati. La sua requisitoria si è soffermata in particolare sulla qualificazione del resto, 609 octies, violenza sessuale di gruppo, e non 609 bis, dalla quale dipendono anche i termini di prescrizione (quello di morte in conseguenza di altro reato è già prescritto ed è uscito dal processo). Per la pg è giusta la ricostruzione della Corte d'appello di Firenze, che vede la "la compresenza" dei due nella stanza d'albergo (e non di uno solo perché l'altro dormiva, come pure è stato ipotizzato nel processo): questo "ha influito negativamente" sulla reazione di Martina, "che si è sentita a maggior ragione in uno stato di soggezione e impossibilitata a difendersi". Motivo per cui la ragazza, ha sostenuto la pg, avrebbe scelto una via di fuga "più difficile", che la metteva in pericolo: dunque, invece che uscire dalla porta, Martina scavalca la balaustra, "ma non si getta con intento suicidiario". Poi, ha ricordato la pg, c'è il fatto che sul corpo della ragazza ci fossero delle lesioni non compatibili con la caduta, i graffi su uno dei due ragazzi, e il fatto che la ragazza non avesse i pantaloncini, che non sono stati ritrovati, ed è "illogico" che fosse andata in giro per l'albergo senza. I due giovani della provincia di Arezzo erano stati prima condannati a 6 anni, poi assolti il 9 giugno del 2020 "perché il fatto non sussiste" dalla Corte d'appello di Firenze che ha dato per buona l'ipotesi del suicidio, ed è stato la stessa Cassazione a riaprire il caso, rilevando errori e sottovalutazioni in quella decisione, e disponendo un processo bis, nel quel poi sono stati condannati ad aprile.

A fine agosto il processo era già approdato nuovamente in Cassazione, davanti alla sezione feriale, temendo la prescrizione prima di poter essere trattato dalla sezione competente per materia. In quella sede è stato però calcolato che non dovrebbe scattare prima di metà ottobre.

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