La Corte di Appello di Milano ha
confermato una precedente ordinanza del novembre scorso,
ribadendo che alla madre "intenzionale", che ha riconosciuto il
figlio davanti all'Ufficiale dello stato civile insieme alla
compagna unita civilmente, "spettano i diritti all'astensione
dal lavoro, a parità di condizioni con ogni altro genitore",
ossia "congedo parentale e per malattia del figlio", come nella
vicenda oggetto del procedimento. Lo rende noto l'Avvocatura per
i diritti Lgbti - Rete Lenford, che ha seguito il caso con i
legali Valentina Pontillo, Francesca Romana Guarnieri, Giovanni
Mascheretti e Francesco Rizzi.
In particolare, si legge in una nota, i giudici hanno
respinto "l'appello proposto da ATS Milano avverso l'ordinanza
del 12 novembre 2020", perché "il diniego" dei diritti di
astensione al lavoro "da parte del datore di lavoro costituisce
una discriminazione in ragione dell'orientamento sessuale".
La Corte di Appello milanese ha anche riconosciuto "alla
lavoratrice un risarcimento del danno non patrimoniale per la
discriminazione subita, quantificato in 5mila euro". In attesa
di leggere le motivazioni, "Avvocatura per i diritti Lgbti -
Rete Lenford auspica che questo precedente chiarisca, per tutte
le aziende pubbliche e private, l'obbligo di parità di
trattamento che già sussiste nel nostro ordinamento per le
coppie di genitori dello stesso sesso e rinnova la sua
disponibilità a interloquire con le aziende per assicurarne il
rispetto".
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