"Conferma la piena solidarietà ai
propri soci" il presidente generale del Club alpino italiano,
Vincenzo Torti, dopo la condanna dei sei istruttori del Cai
imputati per disastro e omicidio colposi nel processo sulla
morte di due scialpinisti travolti e uccisi da una valanga il 7
aprile 2018, sul Colle di Chamolé, vicino alla località
valdostana di Pila.
"Abbiamo preso atto con rammarico - spiega - della sentenza
di condanna pronunciata" il 24 febbraio "dal tribunale di Aosta,
che sembra contraddire inequivoche risultanze probatorie e
valutazioni espresse dai più autorevoli esperti sentiti in corso
di giudizio".
Secondo Torti "ancor più grave è l'aver esteso la più volte
contestata responsabilità a tutti i soggetti coinvolti,
assimilando al ruolo del direttore del corso quello dei
volontari di mero supporto collaborativo, che, in quanto non
titolati, non avevano alcuna funzione in ordine a valutazioni
non di loro competenza".
Per il presidente generale del Cai si tratta di "una scelta
processuale accusatoria stigmatizzata sin dal primo momento,
quella cosiddetta 'a strascico', che talora viene utilizzata in
avvio di indagine, ma viene superata all'esito di
approfondimenti che consentono di individuare ruoli e contributi
causali. Scelta ancor meno condivisibile, laddove ha portato, su
tale errato presupposto, ad escludere qualsivoglia rilevanza al
decesso del partecipante 'qualificato'". Il Cai inoltre "non
mancherà di assicurare la necessaria vicinanza e assistenza" ai
sei istruttori condannati e confida che "quanto puntualmente
accertato" possa "trovare in sede di appello adeguata
valutazione".
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