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Morte "Re Furio": imputati, non siamo nemici degli animali

Morte "Re Furio": imputati, non siamo nemici degli animali

Difesa replica a ondata indignazione per decesso purosangue

SASSARI, 12 dicembre 2020, 12:49

Redazione ANSA

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Avevano accettato di prendere in custodia quel cavallo perché amano gli animali. Pensavano di potergli prestare cure adeguate. Provano rimorso per non aver intuito tempestivamente che il cavallo affidatogli dai suoi proprietari stesse male e di non aver chiamato per tempo un veterinario in grado di curarlo e di scongiurare il decesso. Re Furio, un purosangue inglese di 11 anni, è morto due anni fa nelle campagne di Sorso. Aveva corso e vinto nei più prestigiosi ippodromi d'Italia, dalle Cascine di Firenze al San Siro di Milano.
    Secondo la Procura di Sassari, è morto di stenti, alimentato e dissetato saltuariamente. Ma per Lisa Gavinuccia Piras, di Usini, e Manuel Puledda, di Sassari, quei capi d'imputazione nei loro confronti sono infondati: il cavallo è morto in conseguenza di una colica, è la tesi dell'avvocato della difesa, Giuseppe Masala, sulla base delle perizie effettuate durante gli accertamenti. La verità la stabilirà il Tribunale, nel frattempo i due imputati respingono le critiche piovute loro addosso dopo l'apertura del processo. Si considerano amanti degli animali, sono turbati dalle accuse mosse dagli animalisti di tutto il Paese, a iniziare dall'associazione Horse Angels di Cesenatico, che si è costituita parte civile nel procedimento che si è aperto due giorni fa dinanzi al giudice di Sassari.
    "Come pacificamente accertato in sede di accertamenti, la proprietà del cavallo è della Scuderia Annalisa di Sotgia Salvatore - chiarisce per iscritto il difensore legale - I miei assistiti non hanno sottoposto il cavallo né a sevizie, né a maltrattamenti, né a fatiche insopportabili", puntualizza rispetto al capo d'imputazione che ha indignato l'opinione pubblica nazionale. "Il cavallo è morto per una colica, non ha subito alcun trattamento, è sempre stato regolarmente alimentato e abbeverato", continua l'avvocato. Anche la scelta processuale della "messa alla prova", il cui programma verrà dettagliato nella prossima udienza, "non è un'assunzione di responsabilità", precisa il legale.
   

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