Il particolare dispositivo di
contraccezione inserito in un braccio - una barretta monouso
lunga quattro centimetri che impedisce l'ovoluzione per almeno
tre anni - è poi migrato fino al lobo polmonare destro assumendo
una posizione al momento non operabile per via dei rischi. Per
quanto accaduto a una ravennate poco più che ventenne, un
ginecologo di una clinica privata della città romagnola è stato
indagato per lesioni colpose.
Per fare luce sull'accaduto, come riportato dalla stampa
locale, ieri il Gip Janos Barlotti ha affidato una specifica
perizia medico legale alla presenza sia degli avvocati del
ginecologo (Giovanni Scudellari e Antonio Primiani) che di
quello della ragazza (Luca Donelli) i quali hanno a loro volta
individuato propri consulenti. La risposta ai quesiti del
Tribunale verrà depositata entro 60 giorni.
L'inserimento del dispositivo risale al settembre 2017 quando
la giovane si era presentata in clinica per cambiare il
precedente sistemato nel 2014. Secondo l'esposto (Pm titolare
del fascicolo Monica Gargiulo), a togliere il vecchio sarebbe
stato il ginecologo il quale avrebbe poi lasciato l'incombenza
del nuovo inserimento a una infermiera. Nel maggio scorso la
giovane, lamentando vari problemi fisici, si era presentata
anzitempo per la rimozione della barretta: ma lo stesso
ginecologo non era più riuscito a trovarla. Solo una tac di
inizio giugno aveva rivelato la nuova posizione. La giovane si
era allora presentata all'ospedale Sant'Orsola di Bologna dove,
dopo alcuni giorni di ricovero, le era stata per ora
sconsigliata l'operazione per via dei rischi connessi. La
ragazza, annichilita dalla prospettiva di dovere convivere con
quella barretta migrante per il corpo che potrebbe anche
precluderle la possibilità di diventare madre in futuro, si è
quindi decisa a rivolgersi alla magistratura.
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