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Frecciarossa deragliato: chi erano i macchinisti morti

Esperti, tra i primi impiegati sull'Alta Velocità sin dalla sua nascita, benvoluti dai colleghi. Avevano passato la loro vita sui treni e su un treno sono morti Mario Di Cuonzo e Giuseppe Cicciù, i due macchinisti alla guida del Frecciarossa deragliato a Ospedaletto Lodigiano.

Per le "due nuove vittime del lavoro", ha subito espresso il suo cordoglio il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, augurandosi che si faccia presto luce sulla dinamica del grave incidente. Originari del sud, campano di Capua Di Cuonzo, calabrese di Reggio Cicciù, erano arrivati in Lombardia da decenni e si erano impegnati con il sindacato per migliorare le condizioni di lavoro di tutti. Residenti nell'hinterland milanese, lasciano entrambi moglie e un figlio: Cicciù viveva a Cologno Monzese, Di Cuonzo invece a Pioltello, proprio la cittadina a est del capoluogo lombardo dove due anni fa morirono tre persone in un altro tragico indicente ferroviario. E il sindaco Ivonne Cosciotti, ancora una volta, ha proclamato il lutto cittadino.

Iscritto alla Filt-Cgil, Di Cuonzo aveva 59 anni ed era vicino alla pensione. Non era stato solo uno dei primi a guidare i treni sull'Alta Velocità, aveva contribuito a formare e addestrare altri macchinisti nella guida dei Frecciarossa. "Tutti gli volevano bene - ricorda un suo collega - si faceva voler bene per il suo carattere allegro, ma mai superficiale. Aveva sempre una parola buona, di aiuto e di conforto quando necessario, per i colleghi. Ed era un macchinista molto capace". Ferroviere anche uno dei suoi fratelli, Maurizio, mentre un altro, Mimmo, è un dipendente comunale di Capua: "Tutta la comunità di Capua si stringe attorno alla famiglia del macchinista", ha detto il sindaco Luca Branco. Cicciù, 51 anni, con la Fit-Cisl si era impegnato ancora più attivamente e aveva fatto il delegato Rsu per molti anni, per poi dedicarsi maggiormente alla famiglia, dopo la nascita del figlio.

"Lo conoscevo da 25 anni, era una persona senza ipocrisie, ben voluto da tutti, solare, disponibile. Amava questo lavoro, lo svolgeva con serietà impeccabile ed era molto attento alla sicurezza", ha ricordato Fortunato Foti, ferroviere e membro della segreteria lombarda della Fit Cisl. "Attaccatissimo" a Reggio Calabria, dove tornava appena poteva per far visita alla madre, Cicciù aveva iniziato a lavorare sui cargo per poi spostarsi sui treni dell'alta velocità. "Lavorava da tanti anni come macchinista, è stato uno dei primi sui nuovi treni dell'Alta velocità. Era una persona con grande esperienza, non era certo uno appena arrivato", ha detto il segretario lombardo della Fit Cisl Giovanni Abimelech. "A nome della Città di Reggio Calabria intendo esprimere il più sincero cordoglio nei confronti dei familiari di Giuseppe Cicciù, il macchinista reggino morto insieme al collega Mario Di Cuonzo nel tragico incidente ferroviario di questa mattina vicino Lodi", ha detto il sindaco metropolitano di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà.

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