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I numeri a Westminster, un groviglio di trappole

Maggioranza sempre più labile, fra i 40 e gli 80 i ribelli Tory

LONDRA - Per secoli, è stato il tempio del bipartitismo quasi perfetto: Whigs da una parte, Tories dall'altra; poi Laburisti e Conservatori, con l'inserimento solo episodico (e sempre come terza forza) dei LibDem. Ma oggi l'immagine del Parlamento di Westminster è ben più frammentata, in una Gran Bretagna avviata rissosamente verso le incognite della Brexit: non senza la netta prevalenza dei due partiti maggiori (tornati entrambi oltre il 40% dei voti nel 2017), ma con diversi gruppi minori in grado di far pendere la bilancia di qua o di là, sullo sfondo d'una maggioranza assoluta di fatto inesistente. E soprattutto con divisioni sempre più profonde e ramificate interne alle grandi parrocchie politiche del Regno.
    * IL QUADRO GENERALE DOPO IL VOTO POLITICO DI UN ANNO FA - Il Partito Conservatore guidato da Theresa May dispone in totale di 318 seggi su 650 alla Camera dei Comuni, sette in meno della maggioranza assoluta. Mentre il Partito Laburista di Jeremy Corbyn, pur essendosi avvicinato molto in termini di consensi popolari (quasi 13 milioni, contro 13,6 milioni) si è fermato, al netto di singole defezioni, a 262 deputati. Gli indipendentisti scozzesi dell'Snp si attestano a 35, i Liberaldemocratici a 12, la destra unionista nordirlandese protestante del Dup a 10 (decisivi finora per assicurare almeno sulla carta una maggioranza al governo May), i repubblicani nordirlandesi dello Sinn Fein a 7 (ma assenti per principio da Westminster come forma di boicottaggio), gli indipendentisti gallesi di Plaid Cymru a 4 e i Verdi a 1.
    * LA MAGGIORANZA - In teoria può contare su una forza di 328 seggi (Tories più Dup). Ma sulla Brexit - e soprattutto sulla bozza d'intesa appena raggiunta da May con Bruxelles - le divisioni attraversano in profondità lo schieramento. I conservatori brexiteers hardcore sono stimati dai media da un minimo di 40 a un massimo di 80, a cui potrebbero aggiungersi i 10 del Dup, decisamente scontenti dell'accordo con l'Ue per la questione del backstop sul confine fra Irlanda e Irlanda del Nord. I pro-Ue convinti si fermano invece a una dozzina, forse qualcuno in più, ma non tutti aperti a un referendum bis. Mentre la pattuglia dei Tories scozzesi, che fa capo alla leader locale moderata Ruth Davidson, assommano a 13. Lo zoccolo duro 'centrista' che May spera possa ancora orientare le scelte finali nel voto finale del parlamento è indicato infine fra 200 e 260 deputati, eletti nei collegi d'Inghilterra e Galles.
    * L'OPPOSIZIONE - I gruppi minori (Snp, Libdem, Plaid Cymru e Verdi) sono compatti: anti-Brexit e favorevoli in generale a un secondo referendum. Mentre il Labour è unito contro il piano May, ma spaccato sulle alternative: i favorevoli a un secondo referendum sono calcolati fra 130 e 200 dei suoi 260 deputati circa, oltre a una larga maggioranza di lord e al sindaco di Londra, Sadiq Khan; ma Corbyn e alcune decine di fedelissimi del leader, esponenti d'una sinistra interna storicamente 'eurocritica', puntano semmai su elezioni anticipate (sperando di conquistare Downing Street) e su una Brexit più soft. Mentre i laburisti esplicitamente brexiteers si contano su una mano sola.
   

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