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Mattarella: 'La deportazione degli ebrei del ghetto di Roma ferita insanabile'

'Il martirio monito alla nostra civiltà'

"Il 16 ottobre 1943 fu un sabato di orrore, da cui originò una scia ancor più straziante di disperazione e morte: la deportazione degli ebrei dal ghetto di Roma costituisce una ferita insanabile non solo per la comunità tragicamente violata, ma per l'intero popolo italiano". Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il rastrellamento dei 1024 che quella mattina del 16 ottobre di settantacinque anni fa, lasciarono le loro case, le loro cose, le loro vite. Per non far più ritorno. Tutti, tranne 16, destinati a riportare indietro, oltre alla fortuna di non essere morti, il peso della solitudine che il rastrellamento del ghetto di Roma.

'In questo giorno di memoria e raccoglimento - ha continuato il Capo dello Stato - la Repubblica si stringe alla Comunità ebraica italiana, ai parenti, ai discendenti dei deportati, poi torturati e uccisi, e rinnova il proprio impegno per rafforzare i valori della Costituzione, che si fonda sull'inviolabilità dei diritti di ogni persona e che mai potrà tollerare discriminazioni, limitazioni della libertà, odi razziali. Fu l'inizio anche in Italia, favorita dalle leggi razziali varate dal regime fascista, di una caccia spietata che non risparmiò donne e bambini, anziani e malati, adulti di ogni età e condizione, messi all'indice solo per infame odio. Oltre duemila italiani di origine ebraica scomparvero da Roma in pochi mesi, costretti nei treni della morte verso i campi nazisti. Davanti all'Olocausto - abisso della storia - torniamo a inchinarci. Il ricordo non può non fermarsi sui duecento ragazzi, strappati quella mattina di ottobre dalle loro case, attorno al Portico d'Ottavia: nessuno di loro riuscì a sopravvivere e a fare ritorno nella terra dei loro padri e dei loro giochi. Le lezioni più tragiche della storia vanno richiamate alla conoscenza e alla riflessione delle giovani generazioni, affinché, nel dialogo, cresca la consapevolezza del bene comune'.

"Il sacrificio, la tribolazione, il martirio di tanti innocenti, - sostiene il Presidente della Repubblica - è un monito permanente alla nostra civiltà, che si è ricostruita promettendo solennemente "mai più" e, tuttavia, ogni giorno è chiamata a operare per svuotare i depositi di intolleranza, per frenare le tentazioni di sopraffazione, per affermare il principio dell'eguaglianza delle persone e del rispetto delle convinzioni di ciascuno". 
  

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