"Chiedo che Stefano Binda venga
assolto per non aver commesso il fatto". Con queste parole
l'avvocato Patrizia Esposito, difensore del 50enne Stefano
Binda, imputato a processo in Corte d'Assise a Varese per
l'omicidio di Lidia Macchi, la studentessa varesina trovata
morta 30 anni fa nei boschi di Cittiglio (Varese), ha concluso
stamani la sua arringa difensiva. Secondo il legale, che assiste
insieme al collega Enrico Martelli il 50enne per cui l'accusa ha
chiesto una condanna all'ergastolo, Binda non ha mai commesso
reati o manifestato atteggiamenti violenti e, benché la sua vita
possa apparire "strana" perché segnata dalla tossicodipendenza
che lo avrebbe portato a tornare a vivere nella casa dei
genitori, le sue scelte non possono rappresentare il punto di
partenza "dal quale costruire il personaggio assassino", tesi
dell'accusa. Sempre secondo il difensore, il 5 gennaio 1987,
giorno in cui Lidia Macchi fu uccisa, "Binda era in vacanza a
Pragelato".
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