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ANSA/ Iraq: curdi non cedono, lunedì referendum indipendenza

Sale tensione, soprattutto a Kirkuk, città contesa

(di Alberto Zanconato) (ANSA) - BAGHDAD/BEIRUT, 23 SET - "Una occasione storica, che non può essere sprecata". Con queste parole il governatore di Kirkuk ha chiamato oggi tutti i curdi iracheni a partecipare compatti lunedì al referendum per la loro indipendenza, osteggiato dai Paesi vicini e da gran parte della comunità internazionale. Il governatore, Najmaldin Karim, è forse la figura più rappresentativa delle divisioni e delle tensioni che la consultazione rischia di esacerbare tra diverse etnie e gruppi confessionali iracheni, mentre la guerra all'Isis infuria ancora in diverse regioni, tra cui quella di Hawija, poche decine di chilometri a sud-ovest di Kirkuk. Il Parlamento di Baghdad, accogliendo una richiesta del primo ministro Haidar al Abadi, ha votato nei giorni scorsi una mozione per rimuovere dalla carica Karim, che però è rimasto al suo posto. La ragione all'origine della mossa del Parlamento è il fatto che il governatore, membro dell'Unione patriottica del Kurdistan (Upk), ha sostenuto con forza la tenuta del referendum anche a Kirkuk, nonostante questa provincia non faccia parte del territorio della regione autonoma del Kurdistan e sia popolata da cittadini arabi e turcomanni, oltre che da curdi. Ma le milizie Peshmerga hanno occupato questa provincia nel 2014, quando rimasero da sole a fronteggiare l'avanzata dello Stato islamico dopo che l'esercito di Baghdad si era dato alla fuga.
    Da allora il presidente curdo Massud Barzani ha messo in chiaro che non intende cedere il controllo di questo territorio, ricco di petrolio. Proprio la tenuta del referendum anche in aree che non fanno parte del Kurdistan, ma dove vivono popolazioni curde, è uno dei motivi di maggiore preoccupazione per l'Onu e la comunità internazionale, che temono nuovi conflitti civili in Iraq. La popolazione ufficiale del Kurdistan iracheno è di 4,7 milioni, ma secondo l'Alto consiglio per il referendum alla consultazione sono chiamati a partecipare 5 milioni di elettori. Una cifra che evidentemente comprende i residenti nelle aree contese e i curdi della diaspora, che possono votare online fin da oggi.
    Barzani ha chiarito che una vittoria del 'sì' non significherà una dichiarazione immediata di indipendenza, e che i negoziati con il governo centrale continueranno forse ancora per due anni al fine di trovare una soluzione ai contenziosi aperti, primo fra tutti la gestione delle risorse petrolifere.
    Una delegazione curda è arrivata anche oggi a Baghdad per continuare i colloqui.
    Tra i Paesi confinanti, quello che ha reagito con maggior determinazione al referendum è stata la Turchia, che ha avvertito le autorità curde di gravi conseguenze nel caso di una vittoria del 'sì', temendo che esso possa dare maggior vigore alle politiche indipendentiste del Pkk nei confronti di Ankara. L'unico Paese che si è schierato a favore della consultazione è Israele, che vede con favore la creazione di un nuovo Stato laico ai confini dell'Iran, la cui influenza è forte in Iraq, grazie alle ottime relazioni con il governo a guida sciita, e si è allargata in Siria con la partecipazione delle milizie sciite alleate di Teheran nella guerra civile al fianco delle truppe di Damasco. (ANSA).
   

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