Le donne rappresentano una piccola percentuale della popolazione detenuta: al 31 gennaio erano 2.338 su un totale di 55.381 detenuti, cioè solo il 4,2%. In questo caso, i piccoli numeri rappresentano, secondo quanto sottolineato dal Garante dei detenuti nella relazione annuale, presentata oggi alla Camera, "un elemento penalizzante".
La detenzione è da sempre "pensata al maschile" e applicata alle donne che "rischiano di diventare invisibili e insignificanti per il sistema penale". Gli istituti penitenziari femminili sono, infatti, solo quattro: Trani, Pozzuoli, Rebibbia e Venizia-Giudecca, con una capienza di 537 posti e una presenza di 589 donne.
Le altre 1.794 sono distribuire nei 46 reparti femminili all'interno degli istituti maschili, dove "rischiano di avere meno spazio vitale, meno locali comuni, meno strutture" e meno opportunità formative rispetto agli uomini.
Pochi istituti femminili, osserva il Garante, significa inoltre "violazione di fatto del principio di territorialità della pena".
Boldrini, sovraffollamento non sia pena aggiuntiva - "Occuparsi di chi vive nelle carceri non vuol dire essere indulgenti, o come qualcuno direbbe usando una parola odiosa, 'buonisti'. Vuol dire occuparsi del fatto che chi entra in carcere può uscirne essendo una persona migliore, con benefici per tutta la società". Lo ha detto la presidente della Camera Laura Boldrini, aprendo a Montecitorio la presentazione della prima relazione al Parlamento del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della liberta' personale. "Il drammatico sovraffollamento delle carceri non può essere vissuto come una 'pena aggiuntiva', una 'ulteriore punizione' dai detenuti", ha ribadito.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA