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Terrorismo, governo: 'Da web e carceri rischi radicalizzazione'

Conferenza stampa del presidente del Consiglio. "Ma minore in Italia. Questo - ha evidenziato - non ci deve indurre a sottovalutare il fenomeno o la necessità di capirlo"

 In Italia il fenomeno della radicalizzazione e dei foreign fighters ha "una dimensione numerica minore" che in altri paesi, ma il problema non si può sottovalutare e va affrontato in tutta la sua complessità, tenendo ben presente che "i percorsi di radicalizzazione si sviluppano soprattutto nelle carceri e nel web" ed è lì che bisogna agire. E' l'indicazione arrivata dal premier Paolo Gentiloni dopo un vertice su sicurezza, migranti e Libia a Palazzo Chigi insieme ai ministri degli Esteri Angelino Alfano, dell'Interno Marco Minniti, della Difesa Roberta Pinotti.

LA CONFERENZA

Affrontare il problema dei flussi migratori, ridisegnare la mappa dei Cie e parallelamente intervenire contro il rischio terrorismo lavorando sugli ambienti in cui prolifera, sono temi ovviamente molto alti nell'agenda di governo. Mantenendo fermo un punto di fondo, ribadito in modo netto dal premier: "La minaccia non autorizza a fare equazioni improprie tra migrazione e terrorismo". E la "bussola su cui si muove il governo" richiede da un lato "politiche migratorie sempre più efficaci, che coniughino attività umanitaria e accoglienza" e dall'altro e "politiche di rigore e di efficacia nei rimpatri". Le politiche migratorie sono in queste ore oggetto di un ripensamento delle strategie. Minniti punta a una rete di Cie più piccoli distribuiti sul territorio, un piano da condividere con gli enti territoriali e in parlamento. Sul fronte terrorismo, sono carcere e web i principali canali da monitorare. Un'ovvietà, secondo il leader della Lega, Matteo Salvini: "Quel genio di Gentiloni - ha postato su Fb - si è accorto che il terrorismo e l'estremismo islamico fanno proseliti fra i detenuti stranieri nelle carceri italiane. Bisogna mandare i condannati immigrati a scontare la pena nei loro Paesi! E per chi resta, come in Austria, lavoro obbligatorio". Al di là delle schermaglie politiche, l'azione da condurre è complessa e non si può portare avanti solo su scala nazionale, serve "una cooperazione internazionale tra governi e grandi provider", sottolinea Minniti. Sul tema ha lavorato negli ultimi 4-5 mesi una commissione di studio che oggi Gentiloni e Minniti hanno incontrato. "Negli ultimi anni si è assistito alla crescita di una embrionale comunità jihadista italiana sul web, ed in particolare su alcuni social network", si legge in un documento di sintesi messo a punto dal gruppo di lavoro guidato dal professor Lorenzo Vidoni. L'esperto segnala "un crescente numero di donne e di minori che si radicalizzano" e indica in poco più di 100 il numero dei jihadisti provenienti dall'Italia, una cifra inferiore rispetto ai foreign fighters registrato in altri Paesi europei, anche se con una tendenza di lieve aumento.

Minniti, Cie più piccoli, diversi dal passato - I Cie che dovranno ospitare le persone irregolari da respingere "non avranno nulla a che fare con quelli del passato. Punto. Non c'entrano nulla perché hanno un'altra finalità, non c'entrano con l'accoglienza ma con coloro che devono essere espulsi". Lo dice il ministro dell'Interno Marco Minniti. "Ne parleremo alla conferenza Stato-Regioni già convocata per il 19 gennaio. Proporrò strutture piccole, che non c'entrano nulla con quelle del passato, con governance trasparente e un potere esterno rispetto alle condizioni di vita all'interno". Il tema dei Cie sarà affrontato "in Conferenza Stato-Regioni il 19 gennaio: la nostra idea è quella di piccoli numeri, per non sovraccaricare il territorio con strutture troppo grandi. Parliamo di 1.500/1.600 posti in tutto, in un Paese con 60 milioni di abitanti. Se mi si dice che non si riesce a gestirli mi sembra difficile". I Cie, in ogni caso, "rappresentano solo un pezzo della nostra proposta complessiva", aggiunge.

 

 

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