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La tragedia di Visso, nella morsa della paura/ REPORTAGE

Gravi danni nella zona Rossa, chiese crollate anche a Ussita

Non c'è dolore, tra la gente di Visso. Non ci sono morti  da piangere o amici sepolti ancora sotto le macerie di questo borgo sede del Parco dei Sibillini, una meraviglia di quell'Italia troppo spesso raccontata solo quando sono le tragedie a ricordarcela. Ma c'è la paura. Una paura ancestrale, che viene dal profondo e da molto lontano: perché non c'è nulla che puoi fare, quando tutto attorno a te si muove, si scuote, si rivolta. Se non sentirti piccolo e impotente. E c'è la dignità: di chi ama davvero la terra in cui è nato e vissuto, di chi sa che senza radici un essere umano è come una foglia, vola via al primo alito di vento. "Il futuro, che senso ha pensare al futuro - risponde la signora Giuseppina guardando dritto il cronista negli occhi - sei qui da ieri sera e quante volte ha tremato la terra? 20, 30, 40 volte? Come fai a pensare al futuro".

E però al futuro c'hanno pensato eccome, nel 1997. Basta ascoltare Mauro Rinaldi, il "sindaco per mero volontariato" di Ussita, 5 chilometri più a monte di Visso. Qui ci sono 2.300 seconde case e la stazione degli "impianti a fune Frontignano", 5 seggiovie per sciare sul monte Bove. Scarpe da montagna, berretto di lana calato in testa e Oliver al guinzaglio, Rinaldi è chiarissimo: "non ci sono stati morti perché dopo quel terremoto abbiamo usato i soldi per fare i miglioramenti antisismici". Semplice. Elementare. E così la scossa di ieri, "molto più forte di quella di allora", ha distrutto muri ma non vite.

Da queste parti, nel 1400 arrivò la peste e chi non morì scese a valle per cercare di sopravvivere. Poi però tornò. E riprese a strappare ai boschi pezzi di terra da coltivare. Contadini e pastori. Gente di montagna, dura e semplice. A Visso come a Ussita e in tutta la Valnerina. "I miei vengono dal Veneto" racconta la signora Francesca Todisco in vestaglia, come fosse la cosa più naturale del mondo, sul balcone di casa sue dietro alla chiesa di Santa Maria Assunta a Ussita. "Facevano i carbonai e dopo la guerra sono venuti a cercar lavoro da queste parti. Io sono nata in una capanna di legno, a pochi chilometri da qui". Signora ma è pericoloso rimanere in casa, ha visto che la chiesa è in parte crollata e le scosse continuano. "Eh lo so, ieri anche scrollava tutto, gli ha dato di brutto. Ma mio figlio è al lavoro, dove devo andare io?".

A Ussita, salendo nella parte alta del paese, la gente ti invita a guardare "la faglia di Ussita", neanche fosse quella di San Andreas in California. In ogni caso fa impressione, lo squarcio lungo tutta la strada, che si è alzata di 20 centimetri e continua a muoversi.

I centri storici di questi borghi sono mondi che furono: ogni cosa è rimasta sospesa all'ora zero, quando tutti sono scappati. La polvere sulle auto, i vasi di fiori, le botteghe con il cacio e il ciauscolo. Il silenzio, soprattutto. Pochi edifici sono crollati del tutto, ma la maggior parte hanno danni strutturali seri. "La vedi quella crepa ad X sulle pareti esterne - spiega un vigile del fuoco - ogni volta che la trovi puoi scordarti di rientrare in quel palazzo". Stanno meno peggio la Collegiata di Santa Maria, un gioiellino gotico del 1.256 e il palazzo dei Priori, la sede del comune di Visso, con le finestre rinascimentali realizzato in un anno che sconvolse il mondo di allora, il 1492. La chiesa della frazione di villa Sant'Antonio invece non c'è più, sventrata di lato e di fronte. Si intravedere tra le macerie un dipinto di una madonna con bambino miracolosamente intatta.

Ad un chilometro e mezzo di distanza, dove nel 1997 furono realizzati i prefabbricati per ospitare le scuole provvisorie, i militari hanno montato una mensa da campo. La gente fa la fila in silenzio. Arriva l'ennesima scossa, un rumore sordo. Giuliano Pazzaglini, un omone che da ieri va in giro con la divisa della protezione e che è anche il sindaco di Visso, la vede così. "Ci eravamo illusi di esser quasi usciti dall'incubo del 24 agosto e invece è arrivata questa nuova scossa per demoralizzarci tutti". Ma non è sconforto. E' paura. Profonda paura.

   

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