Recessione, calo della sterlina, instabilità. E ora anche il tracollo di un mercato immobiliare peraltro esoso: si allunga come in una litania della paura, a un mese del referendum del 23 giugno, la lista delle previsioni catastrofiche per l'economia britannica - ma non solo britannica - in caso di Brexit. Timori giustificati dall'analisi di dati concreti, assicurano il premier David Cameron e i sostenitori del fronte filo-Ue, spalleggiati dal Fondo Monetario, dal G7, dalla Bank of England, da buona parte della City e da tutti i governi occidentali. Allarmismi a buon mercato per spaventare gli elettori, replica lo schieramento euroscettico di Boris Johnson e soci, ipotizzando sarcasticamente che Cameron, dopo aver evocato persino lo spettro di una guerra, si prepari a tirar magari fuori dal cilindro quello della "peste bubbonica".
Senonché, l'ultimo 'spauracchio' proiettato dagli esperti del Tesoro rischia di rivelarsi un flop. Anzi, di essere ribaltato addirittura a proprio favore dal cartello anti-europeo di Vote Leave, apparso in queste settimane a corto d'argomenti solidi (almeno in materia di economia) e penalizzato da alcuni degli ultimi sondaggi. Il fatto è che i funzionari del ministero capeggiato dal cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, alter ego di Cameron sul carro della piattaforma 'europeista' denominata Remain, hanno profetizzato stavolta un contraccolpo pesante sul valore delle case del regno all'indomani di un ipotetico divorzio da Bruxelles: con un balzo indietro del 10% nel primo anno, del 18 entro il secondo. Un brutto colpo per i proprietari, non c'é che dire, come ha subito sottolineato Osborne a margine della riunione di ieri dei ministri finanziari del G7, tornando a far balenare l'immagine di "una Gran Bretagna più povera" fuori dal Club dei 28. Ma al contempo quasi una bella notizia per milioni di inquilini o di famiglie che oggi come oggi un'abitazione di proprietà sull'isola possono solo sognarla, al massimo provare a comprarla indebitandosi.
Si tratta di un problema di massa in un Paese nel quale il costo medio odierno di un immobile tutt'altro che lussuoso supera le 278.000 sterline (360.000 euro) a fronte di salari medi annuali attestati attorno a quota 25.000. E di una vera piaga sociale a Londra, dove si sale a 536.000 sterline (sempre come valore medio per singolo appartamento) con la previsione di sfiorare le 600.000 (775.000 euro) fra due anni. Le risposte non hanno così tardato a piovere sulla testa di Osborne. In particolare dall'ala ostile all'Ue interna al suo stesso partito, i Tory. Ha incominciato l'ex collega di governo Iain Duncan Smith, titolare del Lavoro fino ad appena un paio di mesi fa, che ha citato Collodi e gli ha dato del "Pinocchio", facendo pronostici infausti sul futuro del suo "naso". Senza tralasciare di notare come quei tecnici ministeriali non siano in realtà indipendenti dalla politica e in passato, a più riprese, non l'abbiano imbroccata. Ma il più secco è stato sir Vincent Cable, ex ministro della Attività Produttive, che su Twitter ha tagliato corto: "Un grosso calo dei prezzi? Meglio, le case saranno più accessibili".
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