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Solo 1 su 3 è famiglia 'tradizionale'. Resistono i bamboccioni

Resistono i bamboccioni, 6 su 10 ancora a casa coi genitori

 La generazione dei 'bamboccioni' non molla: nel 2014 più di 6 giovani su 10 (62,5%) tra i 18 e i 34 anni vivevano ancora a casa con i genitori. Lo evidenzia il Rapporto 2016 dell'Istat, sottolineando che il dato ha riguardato nel 68% dei casi i ragazzi e nel 57% le ragazze. Nel contesto europeo l'Italia si schiera quindi in pieno con le medie dei paesi mediterranei, a fronte di una media Ue del 48,1%. Aumenta poi l'età di chi decide per la prima volta di convolare a nozze, con una media per le donne pari a 30 anni e 7 mesi. Inoltre, la famiglia tradizionale - composta cioè dalla coppia coniugata con due figli - non è più il modello dominante, visto che ormai rappresenta meno di un terzo dei nuclei familiari (33%).

Minori hanno pagato prezzo più elevato della crisi - I minori sono i soggetti che hanno pagato il prezzo più elevato della crisi in termini di povertà e deprivazione, scontando un peggioramento della loro condizione relativa anche rispetto alle generazioni più anziane. A sostenerlo è l'Istat, nel Rapporto annuale 2016. L'incidenza di povertà relativa per i minori, che tra il 1997 e il 2011 aveva oscillato su valori attorno all'11-12%, ha raggiunto il 19% nel 2014. Al contrario, tra gli anziani - che nel 1997 presentavano un'incidenza di povertà di oltre 5 punti percentuali superiore a quella dei minori - si è osservato un progressivo miglioramento che è proseguito fino al 2014 quando l'incidenza tra gli anziani è di 10 punti percentuali inferiore a quella dei più giovani. Per i minori il rischio di essere poveri è associato, in primo luogo, alla ripartizione geografica di residenza e al titolo di studio della persona di riferimento in famiglia. I minori del Mezzogiorno e quelli che vivono in famiglie con a capo una persona che ha al massimo la licenza elementare presentano, infatti - rileva l'Istat - un rischio di povertà relativa circa quattro volte superiore, rispettivamente, a quello dei residenti nel Nord e a coloro che vivono con una persona di riferimento almeno diplomata. Il legame tra povertà e ripartizione geografica si è allentato nel tempo, anche per effetto della presenza di stranieri nel Nord. Lo stesso accade per il nesso con il titolo di studio della persona di riferimento. È tornata a essere determinante la possibilità di avere un'occupazione piuttosto che il tipo di occupazione come era invece avvenuto con l'emergere dei working poor, soprattutto negli anni pre-crisi. Ne deriva un aumento dell'associazione tra povertà e numero di disoccupati, soprattutto se il minore vive con almeno due persone in cerca di occupazione.

Popolazione diminuisce e invecchia sempre più - La popolazione italiana diminuisce e invecchia. Al 1 gennaio 2016 la stima è di 60,7 milioni di residenti(-139 mila sull'anno precedente) mentre gli over 64 sono 161,1 ogni 100 giovani con meno di 15 anni. Il nostro Paese è tra i più invecchiati al mondo, insieme a Giappone e Germania. Lo rileva l'Istat nel Rapporto annuale 2016. Nel desolante quadro demografico si inserisce il nuovo minimo storico dall'Unità d'Italia per le nascite: nel 2015 sono state 488 mila, 15 mila in meno rispetto al 2014. Per il quinto anno consecutivo diminuisce la fecondità, solo 1,35 i figli per donna. Siamo molto lontani dal periodo del baby boom (dal 1946 al 1965), quando il numero medio di figli per donna arrivò all'apice di 2,7. L'andamento demografico dell'Italia negli ultimi 90 anni ha avuto un andamento altalenante: accelerato, ad esempio, tra il 1926 e il 1952 quando i residenti passano da 39 a 47,5 milioni, grazie alla forte riduzione della mortalità e alla natalità ancora molto elevata A partire dalla metà degli anni Settanta la capacità di crescita demografica si attenua molto, tanto che al censimento del 2001 l'ammontare dei residenti in Italia è poco al di sotto dei 57 milioni rispetto ai 56,5 milioni del 1981. Dagli anni 2000 la popolazione cresce in modo più sostenuto ma solo grazie ai flussi migratori dall'estero che si fanno sempre più consistenti. Al primo gennaio 2016 i cittadini italiani residenti sono 55,6 milioni, i cittadini stranieri 5,54 milioni (8,3% della popolazione totale).



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