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Un italiano su due mangia cibi scaduti

Un italiano su due mangia cibi scaduti

Allarme Coldiretti: Il 55%, a causa della scarsa conoscenza informazioni etichetta

ROMA, 19 ottobre 2015, 15:51

Redazione ANSA

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Un italiano su due mangia cibi scaduti - RIPRODUZIONE RISERVATA

Un italiano su due mangia cibi scaduti - RIPRODUZIONE RISERVATA
Un italiano su due mangia cibi scaduti - RIPRODUZIONE RISERVATA

La maggioranza degli italiani, per una percentuale del 55 per cento, mangia gli alimenti oltre il limite di tempo indicato nelle confezione se la stessa non è danneggiata e se il prodotto sembra comunque in buono stato. E' quanto emerge da un' analisi della Coldiretti sulla base dei dati Eurobarometro. Secondo l'indagine dai quali emerge che, invece, il 32 per cento li getta via e il'13 per cento decide in base al tipo di alimento. In particolare nel caso degli spaghetti, il piatto più tradizionale degli italiani, la stragrande maggioranza (70 per cento) li porta in tavola dopo averne verificato le condizioni.

A guidare i comportamenti degli italiani - sostiene la Coldiretti - è la scarsa conoscenza delle informazioni fornite in etichetta, in particolare in merito al diverso significato tra "da consumarsi preferibilmente entro il..." e "da consumarsi entro". La dicitura "da consumarsi entro..." - osserva Coldiretti - è la data entro cui il prodotto deve essere consumato ed anche il termine oltre il quale un alimento non può più essere posto in commercio. Tale data - precisa Coldiretti - non deve essere superata, altrimenti ci si può esporre a rischi importanti per la salute. Si applica ai prodotti preconfezionati, rapidamente deperibili come il latte fresco (7 giorni) e le uova (28 giorni). Discorso diverso - continua la Coldiretti - merita invece il Termine Minimo di Conservazione (TMC) riportato con la dicitura "Da consumarsi preferibilmente entro" che indica la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà organolettiche e gustative, o nutrizionali specifiche in adeguate condizioni di conservazione, senza con questo comportare rischi per la salute in caso di superamento seppur limitato della stessa.
   

E' compito di ogni singola azienda effettuare prove di laboratorio sui propri prodotti - osserva Coldiretti -, per misurare la crescita microbica e valutare dopo quanti giorni i valori organolettici e nutrizionali cominciano a modificarsi in modo sostanziale. Il risultato - conclude Coldiretti - è ad esempio che per l'olio d'oliva extra vergine alcune aziende consigliano il consumo entro 12 mesi, altre superano i 18, con il rischio di perdere le caratteristiche nutrizionali e di gusto. Gli effetti del mancato rispetto dei tempi di scadenza variano da prodotto a prodotto: per lo yogurt, che dura 1 mese, il prolungamento di 10-20 giorni non altera l'alimento, ma riduce il numero dei microrganismi vivi, mentre al contrario per i pomodori pelati quasi tutte le confezioni riportano scadenze di 2 anni, anche se la qualità sensoriale è certamente migliore se si consumano prima.

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