La Corte d'appello di Roma ha riconosciuto in favore di una vedova di Pomezia (Roma) la rendita di reversibilità del marito morto 15 anni fa per mesotelioma pleurico, malattia che l'Inail non voleva riconoscere come di origine professionale pur avendo la vittima lavorato a contatto con l'amianto.
Il Tribunale di Velletri aveva accolto le tesi dell’Inail finalizzate a negare il nesso causale tra esposizione ad amianto e mesotelioma. Sentenza che è stata poi impugnata dall'avvocato Ezio Bonanni, presidente dell'Osservatorio nazionale sull'amianto (Ona): la Corte d'appello di Roma, in seguito ad una attenta consulenza medico legale, ha concluso per la sussistenza del nesso causale, condannando l’Inail a costituire la rendita con decorrenza dal 14 aprile 2000.
"Ci sono voluti anni e anni per ottenere giustizia - commenta il figlio 22enne della vittima -, nonostante mio padre abbia lavorato in contatto con l’amianto e per questo abbia contratto il mesotelioma che lo ha portato alla morte nel giro di pochi mesi. Io sono rimasto orfano in tenera età e con mia madre abbiamo dovuto affrontare un muro di gomma, fino a quando siamo stati assistiti dall’Ona e dall'avvocato Bonanni: nonostante la tenace resistenza dell'Inail, finalmente la Corte d'appello ci ha dato ragione".
"L'Osservatorio nazionale amianto - spiega la stessa onlus - prosegue il suo programma di assistenza delle vittime dell’amianto e dei loro famigliari per la tutela dei loro diritti e torna a chiedere un urgente incontro con l’Inail al fine di chiedere una deflazione della conflittualità processuale innanzi a situazioni come quelle di mesotelioma, tumore polmonare, asbestosi e altre patologie dell’amianto, che sono tabellate e che quindi dovrebbero essere riconosciute senza un'azione giudiziaria".