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'La mia giornata col paziente zero'

'La mia giornata col paziente zero'

Parla all'ANSA uno degli specialisti che ha in cura il medico di Emergency

ROMA, 27 novembre 2014, 19:01

Manuela Correra

ANSACheck

'La mia giornata col paziente zero ' - Intervista Ansa - RIPRODUZIONE RISERVATA

'La mia giornata col paziente zero ' - Intervista Ansa - RIPRODUZIONE RISERVATA
'La mia giornata col paziente zero ' - Intervista Ansa - RIPRODUZIONE RISERVATA

La stanza ad alto isolamento del 'paziente zero' - a tre giorni dal suo ricovero all'Istituto Spallanzani - gli è ormai più che 'familiare'. Vi entra una o due volte al giorno e trascorre col medico di Emergency colpito dal virus Ebola fino a due ore in totale. Ma la paura non fa parte 'dell'armamentario clinico' che ogni giorno entra con lui nella 'zona rossa' riservata al primo paziente da Ebola italiano. Nicola Petrosillo, primario di malattie infettive all'Istituto e coordinatore della task force di medici e infermieri che si occupa del paziente, appare tranquillo: ''Da infettivologo - spiega in un'intervista all'ANSA - ho imparato che bisogna affrontare le situazioni, e non averne paura''.
   
Sessanta anni ed una lunga esperienza sul campo in Africa, dove ha operato anche lo scorso agosto in Nigeria per fronteggiare l'emergenza Ebola, Petrosillo descrive la sua giornata col paziente zero, ma circa le sue condizioni si limita a fare riferimento al bollettino medico che le indica in miglioramento dopo un peggioramento nella serata di ieri. Solitamente, racconta, ''lo vedo una o due volte al giorno. Prima di entrare nella stanza è fondamentale informarsi dai colleghi della task force già in turno, perchè bisogna entrare già portando con sè tutto ciò di cui si potrebbe avere bisogno dal momento che non è più possibile uscire se non alla fine della visita. Se, ad esempio, sono io a visitarlo per primo, gli porto anche la colazione ed il pranzo: chi entra, cioè, fa tutto, perchè bisogna limitare al massimo i contatti del personale sanitario''. Prima dell'accesso, la pratica della vestizione sotto la supervisione di un altro collega, che dura circa 15 minuti.

Quindi, l'ingresso attraverso il 'settore pulito', ovvero un passaggio che si usa solo in entrata prima della visita. Di solito, per motivi di sicurezza, i medici in entrata sono sempre due. La ''prima domanda entrando - racconta - è 'come ti senti', perchè il contatto umano è la prima cosa; poi inizia la visita vera e propria. In tutto si rimane col paziente dai 30 ai 60 minuti per visita, poichè un tempo maggiore non sarebbe sostenibile vista anche la difficoltà legata alle tute di protezione, che sono fatte in materiale non traspirante''. Finita la visita si passa alla complessa fase della svestizione.

E' questo l'ultimo 'atto', dopo di che i medici in turno della task force dedicata tornano a casa. Le procedure di sicurezza ''sono precise e ci misuriamo la temperatura due volte al giorno, ma il rischio, seguendo scrupolosamente il protocollo, è molto basso''. Ma in famiglia, quali sono state le reazioni alla sua decisione di occuparsi del paziente zero? ''In un certo senso - risponde l'esperto - sono abituati, perchè vengo da esperienze direttamente sul campo ben più pesanti; dopo tutto, qui siamo in una struttura sicura e con dei protocolli certi. La mia famiglia mi appoggia e tutto sommato a casa sono abbastanza tranquilli. Mi conoscono e sanno che non mi assumo dei rischi inutili, perchè - sottolinea - questo è il primo dovere di un buon operatore sanitario per poter curare gli altri in sicurezza''.

Parla con grande coinvolgimento anche del rapporto instauratosi con il medico di Emergency: ''E' un collega, una persona molto competente e di grande umanità, ma nonostante la sua preparazione in materia, si affida completamente a noi e non 'interferisce'; questo per noi è molto importante. Con lui ha un telefono, Ipad e Tv. In questo momento è molto fiducioso sull'esito delle cure''. Poi, commentando i timori che si stanno diffondendo su Ebola, ''anche quando comparvero i primi casi di Hiv-Aids - afferma lo specialista - ben pochi volevano vedere e visitare i pazienti. Ma questa è la nostra missione, è la nostra professione''.

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