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Morto Faletti: l'ultima intervista all'Ansa

Ha scritto best-seller tradotti in 25 lingue e in 40 paesi, con i suoi romanzi e' balzato in vetta alle classifiche italiane, aggiudicandosi nel 2005 il Premio De Sica per la Letteratura. Eppure Giorgio Faletti confessa: ''Il mio habitat naturale e' il palco''. E cosi', dopo un'anteprima a Firenze, torna al suo vecchio amore, la musica, con lo spettacolo teatrale 'Da quando a ora in scena', ispirato al romanzo 'Da quando a ora' (Einaudi). ''Dopo l'uscita del libro e del doppio cd, a novembre, abbiamo tirato fuori questo spettacolo che sono lieto di portare in giro'', dice Faletti all'ANSA riferendosi al libro autobiografico in cui si e' messo a nudo con ironia e candore, e ai due album 'Quando' (in cui interpreta alcuni suoi brani gia' portati al successo da artisti come Mina, Milva e Branduardi) e 'Ora', che contiene 12 canzoni inedite. ''Amo il rapporto diretto con il pubblico, dialogare con la gente - sottolinea -. Quando esce un libro c'e' sempre un rapporto mediato da un intervallo di tempo. Mentre in teatro, quando si alza il sipario, la gente da' un responso immediato. In tempo reale. Senza scatti alla risposta''. Nel libro si racconta con ironia: ''Bisogna essere convinti di cio' che si fa, ma senza presunzione. In questo senso l'ironia e' un buon condimento della vita''. 

Da Drive In al successo letterario (il debutto nel 2002 con il thriller Io Uccido e' stato fulminante), Faletti ha esplorato campi artistici molto diversi, passando dalla tv alla letteratura al grande schermo, con Brizzi, Tornatore e Campiotti e due nomination ai David di Donatello. ''In questi anni credo di essere un pochino maturato - racconta l'artista astigiano, classe 1950 -. Con il procedere dell'eta' dire 'maturato' invece di 'invecchiato' e' un piccolo dolcificante che ci si puo' concedere. Ho allargato il mio modo esprimermi. A Drive in l'unica cosa che mi interessava era la corda del ritmo, ora vado a toccare corde diverse''. Nel curriculum vanta anche un secondo posto al festival di Sanremo nel 1994 con Signor Tenente, premio della Critica: ''E' una canzone spartiacque nella mia vita - dice - Il mestiere di musicista e' duro, ma chi vive per quello non puo' esimersi dall'inseguire quel sogno. Sono convinto che se in Italia e' difficile vivere di musica, e' tuttavia impossibile viverne senza''. E i talent? ''Sono sempre esistiti. Prima erano le cantine. Anche nei talent chi ha il fiato lungo prosegue, chi lo ha corto si ferma''.

Da scrittore affermato come giudica Sanremo? ''E' una vetrina e in quel contesto credo ci stia bene tutto. Poi devo essere sincero, Sanremo non ha piu' pensato a me. Ognuno fa la sua vita. Ma se avessi qualcosa da dire non mi tirerei indietro. Il festival e' giudicato uno spettacolo borghese, nazional-popolare. Ma - sottolinea - anche i duri e puri ci sono andati quando ne avevano bisogno''. In attesa di decidere se magari tornare all'Ariston l'anno prossimo, sara' impegnato con il suo spettacolo - preludio al tour teatrale 2013-1014 - che fara' tappa il 1 luglio a Roma (Villa Ada) e il 18 a Recanati. Con lui quattro musicisti e il Quartetto d'archi dell'Orchestra Sinfonica di Asti.

Nell'era digitale, Faletti resta legato al cartaceo: ''Appartengo a una scuola un po' datata, credo che un libro sia ancora il supporto tecnologico migliore per la  omunicazione. Quando scrivo un libro, alla fine ho bisogno di stamparlo e leggerlo sul cartaceo''. E poi: ''Ho gia' in mente l'architettura del mio nuovo romanzo. Ancora non ho deciso di  cosa trattera', ho diverse opzioni. Ho la fortuna di avere molte idee, forse troppe''. Se naufragasse su un'isola e potesse portarsi solo un libro e una canzone, cosa sceglierebbe? Faletti non ha dubbi: ''Per chi suona la campana di Hemingway e Santa Lucia di De Gregori''.

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