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Ilva, condannati 27 ex dirigenti per le morti da amianto

Vittime inalato micidiali fibre. Incontro Riva-Bondi

Nella fabbrica in cui lavoravano a contatto con l'amianto hanno trovato la morte. Per 28 operai dell'Ilva (31 i casi esaminati) il giudice monocratico di Taranto, Simone Orazio, ha riconosciuto il nesso di causalità tra il decesso e l'esposizione al pericoloso cancerogeno. In un arco temporale che abbraccia quasi quarant'anni, i lavoratori hanno dunque inalato le micidiali fibre dell'asbesto, contraendo il mesotelioma pleurico.

    Sono 27, invece, gli ex dirigenti dell'Italsider pubblica e dell'Ilva privata condannati per disastro ambientale e omicidio colposo plurimo a pene comprese tra i 9 anni e mezzo e i 4 anni di carcere. Nel corso del dibattimento, durato due anni, sono state ascoltate decine di testimoni che hanno descritto le condizioni in cui si svolgevano le attività industriali nel siderurgico tarantino. Sono stati interrogati lavoratori, medici e tecnici, acquisiti fascicoli e atti per decine di migliaia di pagine. La pena più alta, 9 anni e mezzo di reclusione, è stata inflitta a all'ex direttore dell'Italsider Sergio Noce, di San Michele di Pagana (Genova). A seguire 9 anni e due mesi ad Attilio Angelini, 9 anni a Giambattista Spallanzani e Girolamo Morsillo, 8 anni e sei mesi a Giovanni Gambardella, Giovanni Gillerio, Massimo Consolini, Aldo Bolognini e Piero Nardi.

    Quest'ultimo, commissario straordinario di Lucchini Piombino, è indicato tra i manager in lizza per sostituire Enrico Bondi al timone dell'Ilva. Ha avuto 8 anni di reclusione Giorgio Zappa, ex direttore generale di Finmeccanica, mentre è stato dichiarato il non doversi procedere per l'ex patron dell'Ilva Emilio Riva, morto il 30 aprile scorso. Suo figlio Fabio Riva e l'ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso sono stati condannati a 6 anni. La sentenza è arrivata mentre a Milano Claudio Riva incontrava il commissario straordinario dell'Ilva, Enrico Bondi sul piano industriale e ambientale dello stabilimento tarantino.

    ''Lunedì prossimo faremo avere al commissario la nostra posizione'', ha detto Claudio Riva che ha aggiunto: ''senza un futuro per l'Ilva penso ci sia poco futuro per l'Italia nella siderurgia''. E intanto il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti ha assicurato che il governo "ha le idee chiare e abbiamo già approvato il piano ambientale: faremo di tutto per portarlo a termine". ''Questa - ha intanto commentato il procuratore di Taranto Franco Sebastio - non è una sentenza storica: io non uso slogan giornalistici. Pur ribadendo che è solo una sentenza di primo grado e che in Italia vige la presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva, dobbiamo riconoscere che questa sentenza stabilisce quantomeno che la procura non ha commesso errori nella costruzione delle indagini''. ''La magistratura - secondo il presidente di Peacelink Taranto Alessandro Marescotti - ha affermato il principio di legalità in fabbrica. Vincono le ragioni delle tante vittime.

    Perdono gli inquinatori e i loro complici''. I lavoratori, secondo l'accusa, non sarebbero stati adeguatamente informati sui rischi della sostanza cancerogena e non avrebbero ricevuto le necessarie tutele. Ora a Taranto (l'udienza preliminare inizia il 19 giugno) si sta per aprire un altro maxiprocesso per disastro ambientale, omicidi colposi, omissione di cautele contro gli infortuni, concussione e corruzione, che vede coinvolti, oltre ai Riva e ad altri dirigenti, anche rappresentanti politici come il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e il sindaco di Taranto Ippazio Stefàno, assessori e funzionari regionali. Per definire il sistema di potere dell'Ilva, gli inquirenti hanno chiamato l'inchiesta 'Environment Sold Out' (Ambiente svenduto).

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