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Per suore Norcia container di "clausura"

Per badessa non è soluzione, dalla scossa sono ospiti a Trevi

(di Gianluigi Basilietti) (ANSA) - NORCIA (PERUGIA), 17 NOV - Un container di clausura ospiterà le suore benedettine di Norcia. "Ma è una soluzione che non permette una reale vita di comunità. Se si vuole che restiamo è necessario individuare una struttura o realizzare un piccolo villaggio monastico, in attesa di recuperare almeno parte del monastero distrutto dal sisma. Se non fosse possibile, saremmo costrette ad andarcene per sempre dalla Valnerina", ha sottolineato la madre badessa, suor Caterina Corona che, con altre nove sorelle dal giorno della forte scossa di un anno fa vive nel monastero di Santa Lucia di Trevi. La religiosa se la prende con la burocrazia. "Fin dal primo momento - ha spiegato all'ANSA - abbiamo chiesto di realizzare qualcosa di nuovo attorno a Norcia e ci è stato detto che si sarebbe commesso un abuso edilizio. Restiamo però convinte, nel rispetto delle leggi, che questa è l'unica soluzione praticabile se si vuole che le suore benedettine restino in città". L'esigenza di avere spazi propri è dettata dal fatto che "dopo 12 mesi trascorsi da ospiti è giunto il momento di riprendere la nostra normale vita di comunità e ricominciare le nostre attività, anche se a Trevi siamo state accolte benissimo dalla nostre consorelle", ha precisato la badessa. Intanto è stato comunque deciso di allestire il container nel giardino del monastero. "La nostra vita - ha detto - si svolge prevalentemente all'interno della struttura e pensare di continuare l'esperienza della comunità dentro un container è dura per mancanza di spazi, anche se in questa fase sarà molto utile. Ci permetterà di mettere in salvo alcune cose e di fare le giuste valutazioni". Tra cui quella di accettare "di trasferirci in altri monasteri a titolo definitivo". "Un'ipotesi - ha sottolineato la badessa - che prenderemmo a malincuore, ma prima di tutto viene il bene della comunità e quindi se a Norcia non potremmo avere uno spazio adeguato, in attesa di ritornare nella nostra naturale 'casa', saremmo costrette a dire sì ad alcune offerte che in questi mesi ci sono giunte". Prima del sisma nel monastero di Sant'Antonio di Norcia le religiose facevano prevalentemente attività di accoglienza di fedeli e famiglie. "Ma relegavamo anche testi - ha proseguito - e producevamo miele grazie alle nostre api. Adesso di tutto questo non c'è più nulla - ha concluso la badessa - e la comunità per continuare ad essere tale deve ricominciare le sue attività". (ANSA).
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