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Sisma: Cei, vitale riaprire chiese

Don Pennasso, "Bene nuove risorse". Per Natale alcune ripartenze

ROMA - "Sono stato a fine estate nella piccola comunità di Castelli, vicino Teramo, dove c'è un centro della lavorazione della ceramica. Lì la chiesa parrocchiale è stata coinvolta dagli ultimi due terremoti. Verrà riaperta prima di Natale e ho visto la gente del posto molto contenta per questo. 'Lì è dove ci siamo sposati - mi dicevano -, dove abbiamo battezzato i nostri figli, dove abbiamo accompagnato i nostri cari per l'ultimo saluto, dove ci incontravamo e davamo appuntamento...'. Per questo dobbiamo riaprire in fretta le chiese". A parlare è don Valerio Pennasso, direttore dell'Ufficio nazionale per i Beni ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Don Pennasso porterà il suo contributo al convegno che si terrà giovedì 30 novembre presso la Pontificia Università Gregoriana: "Ricomporre l'identità. Terremoto, Città e Beni Culturali della Chiesa", organizzato dalla Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa-Dipartimento dei Beni Culturali, con il patrocinio di MiBact, Ufficio per i Beni Culturali Ecclesiastici della Cei e dell'Arcidiocesi di Spoleto-Norcia.

"Sono oltre 3.500 gli edifici di culto - riferisce don Pennasso in un'intervista all'ANSA - colpiti dal sisma, di agosto e ottobre 2016. Una cinquantina di chiese sono state messe in sicurezza e riaperte, 180 circa sono in fase di progettazione per la messa in sicurezza attraverso fondi del Commissario". Molto resta da fare. E' arrivato però uno stanziamento importante: la disponibilità di un ulteriore miliardo di euro, allegato al bilancio, che si aggiunge agli 1,2 mld che erano stati già destinati per avviare la ricostruzione di questi edifici. Le diocesi saranno "enti attuatori". "Grazie agli emendamenti alla legge di bilancio ci sono le risorse e la speranza concreta che entro il prossimo anno possano aprire tutti i cantieri necessari affinché almeno una chiesa per comunità del cratere, che erano state in qualche modo danneggiate, possa riaprire. Ci sono anche situazioni più semplici la cui soluzione potrebbe essere veloce. Altro discorso invece per gli interventi più complessi, dove i danni son o stati ingenti, o per i grandi monumenti che seguiranno una strada diversa e per i quali sarà necessario più tempo".

Il riferimento è anche per la basilica di San Benedetto a Norcia, divenuta il simbolo delle ferite del terremoto. Per l'esperto Cei in questo caso specifico "si tratta di valutare quale sia la strategia migliore per mantenere la verità, il dato storico, la testimonianza di quello che rappresenta da secoli quell'edificio. In altri termini occorre un progetto che sappia farlo riconoscere" senza stravolgimenti perché lì ha preso il via il monachesimo occidentale.

Complessivamente, per ridare vita alle chiese, per don Pennasso, è necessario un concorso di contributi e per questo plaude alla "proposta del Ministero dei Beni culturali, l'Art Bonus, che dà la possibilità agli imprenditori che contribuiscono a queste realizzazioni di avere importanti detrazioni fiscali". "Ma ci sono diverse realtà dove ci si sta muovendo anche con contributi privati, dalle banche ad associazioni di cittadini. Un caso quello di Corniglio Vecchio, vicino Amatrice, dove l'associazione 'Ricostruire subito' si sta dando un gran da fare. Presso la Diocesi di Fermo il Santuario Madonna dell'Ambro, Comune di Montefortino, verrà restaurato con il contributo di una Fondazione bancaria locale".

La Cei è subito scesa in campo con i fondi dell'8x1000 "attivando un fondo speciale che ha dato la possibilità alle 24 diocesi interessate di disporre di 300mila euro per le realizzazioni immediate. E così alcune chiese sono state già riaperte. Altre riapriranno prima di Natale. Come per esempio la chiesa parrocchiale di Acquasparta, in Umbria, che riaprirà il 16 dicembre". Una corsa contro il tempo perché le chiese, oltre al luogo per celebrare il culto, sono luoghi di aggregazione, di conservazione della memoria con i loro archivi parrocchiali; sono luoghi d'arte e di turismo. "Anche urbanisticamente quei centri senza le loro chiese mancano di qualcosa e invece la riapertura è un segno che la vita può ripartire".

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