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Storico Gregoriana, "fari su chiese, sono identità"

Bucarelli, "Ricostruire San Benedetto com'era"

ROMA, 15 NOV - Ricostruire presto le case? Lasciare indietro il resto? "Ma la città, la civitas medievale, è un'entità complessa costituita dalla 'città di pietra' e dai suoi abitanti, con le sue dimore e i suoi luoghi di aggregazione che ne determinano l'identità". E allora nelle zone del centro Italia, colpite dal terremoto, bisogna fare presto e ridare anima alle tante chiese che sono rimaste chiuse, che erano "punto di riferimento non solo per i credenti". A parlare è il dott. Ottavio Bucarelli, Pro-Direttore del Dipartimento dei Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana.

L'ateneo ha organizzato per giovedì 30 novembre il convegno "Ricomporre l'identità. Terremoto, Città e Beni Culturali della Chiesa" al quale parteciperanno responsabili della Chiesa Cattolica Italiana, del Ministero dei Beni, delle Attività Culturali e del Turismo e docenti di diverse università italiane.

E parlando di beni ecclesiastici e terremoto non si può non partire subito dal simbolo di questa tragedia, la Basilica di San Benedetto a Norcia, venuta giù con la scossa del 30 ottobre e ora con la facciata, l'unica cosa che si è salvata, nascosta da un reticolo di tubolari d'acciaio. Lo storico non ha dubbi: "Deve essere ricostruita dove era e come era - dice in un'intervista all'ANSA -, riproponendo volumi e forme architettoniche. "L'Italia ha le competenze necessarie per la sua ricostruzione". I tempi? "Non troppo lunghi se c'è la volontà e se si stanziano le adeguate risorse". Una voce, questa, che mette un punto sulle tante ipotesi, anche quella di fare dello storico sito benedettino una cosa del tutto diversa rispetto al passato, magari lasciando anche traccia delle ferite del terremoto. Ma "se non si ricostruisce nello stesso luogo e con le stesse forme, il rischio è quello di operare una frattura che la gente non capirebbe. Non servono invenzioni, ma quella sicurezza che può derivare da una continuità con la tradizione. Occorre la volontà" di restituire a Norcia, all'Italia e all'Europa intera un luogo dove "la bellezza parla di Dio all'uomo".

Anche le chiese più piccole, meno conosciute, "con un apparente valore storico-artistico minore, sono parte della identità di un popolo che rischia di andare in frantumi ed è per questo che vogliamo tenere i riflettori accesi sulla questione". "Le chiese sono un elemento identitario, che qualifica una realtà urbana come anche quella rurale. Sono segno dell'antica fede di un popolo che viene richiamato al suono delle campane che convocano i fedeli all'incontro con Dio. Suono che viene propagato dalla sommità dei campanili che fin dal medioevo hanno connotato il nostro paesaggio".

E allora il terremoto da tragedia può trasformarsi anche in occasione per rimarcare e riappropriarsi di una identità per la Chiesa nel suo complesso, tanto più nei luoghi del sisma, ribadisce l'esperto della Gregoriana, Università alla quale la Santa Sede da 25 anni ha affidato il compito di formare sacerdoti e laici nel campo dei beni culturali ecclesiastici. "Alcuni fortunatamente vivono già nelle nuove casette - conclude parlando della gente colpita dal terremoto - ma io li immagino quando escono dalle loro abitazioni provvisorie e con un senso di smarrimento si chiedono: dov'è la mia casa, dov'è la mia piazza? dov'è la mia chiesa?".(ANSA).

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