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I volontari che fanno sorridere bimbi

I volontari che fanno sorridere bimbi

'Scuola di pace' porta giochi a piccoli in attesa alla stazione

PALERMO, 23 luglio 2014, 15:47

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Giovedì 1.200 sbarchi solo a Lampedusa, venerdì 1.186, sabato 2.186… In una settimana oltre 5.000 migranti sono giunti in Sicilia: un esercito di indifesi in fuga da guerre, fame, malattie. Un esercito dalle molte bandiere: ghanesi, nigeriani, curdi iracheni, palestinesi, siriani, libici, somali, eritrei, pachistani. Tutti hanno storie orribili che vorrebbero lasciare dietro di sé, ma che invece si porteranno sempre dentro, specialmente nel cuore dei bambini.
    Volontari della "Scuola di pace" (www.lascuoladipace.org) - un'associazione che porta aiuto ai bambini in situazioni di calamità - partono da Roma in cinque, quattro uomini e una donna, a bordo di un'autovettura e di un camper stivati di materiale: alimenti, indumenti, medicinali di banco, giocattoli.
    Obiettivo: la stazione centrale di Catania, dalla quale transitano ogni giorno decine di famiglie siriane che sono approdate alle coste della Sicilia e vogliono raggiungere Milano per espatriare in Paesi del Nord: Germania, Olanda, Svezia A Catania c'è un contatto prezioso: Nawal, marocchina di 26 anni, attivista per i diritti umani. Vive a Catania da molti anni con i genitori, è iscritta all'Università (Scienze Politiche) ma dedica ogni ora del suo tempo ad aiutare le famiglie di siriani e palestinesi. In città la conoscono tutti, è un riferimento obbligato per le autorità (la convocano come interprete, è in continuo contatto con il comando generale della Capitaneria di Porto di Roma), ma soprattutto per i migranti. Qualcuno ha denunciato lei e Agata, la ragazza che l'aiuta assieme a Giuseppe, per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
    Il camper della "Scuola di Pace", viene parcheggiato sul piazzale della stazione di Catania, a ridosso di un giardinetto che sarebbe bellissimo (c'è una splendida fontana dei primi del '900, senz'acqua), se la notte non dovesse ospitare gruppi di nordafricani giunti da chissà dove e di giorno tante famiglie siriane, con donne a bambini, in attesa del treno che li porterà a Milano. Arrivano le prime famiglie. I bambini hanno lo sguardo fisso, spaurito, gli uomini sono disorientati. Pochi parlano inglese. Tutti mostrano grande dignità e educazione. Nawal è un vulcano: li accompagna in stazione per fare i biglietti, dà loro consigli, parla contemporaneamente a due telefonini. A dare una mano c'è anche Agatino, il posteggiatore abusivo della stazione che tutto vede e tutto sa. E per fortuna il personale ferroviario nella stazione mostra grande umanità e pazienza, mentre la Polizia ferroviaria controlla, ma lo fa bonariamente.
    I volontari distribuiscono acqua, risolvono piccoli-grandi problemi. Tutti, all'arrivo, sono stati rifocillati e hanno avuto indumenti puliti. Ma Ismail, sei anni, ha calzoncini due taglie più grandi della sua e non può camminare perché se li perde. Non c'è una cintura per lui, ma una corda di nailon risolve, per ora. I cinque volontari hanno compiti diversi (due sono qui per documentare con immagini una situazione quotidiana che ha dell'incredibile), ma tutti fanno tutto: urge un pacco di pannolini, bisogna correre con acqua fresca e bustine di integratori: nella stazione un giovane migrante si è sentito male, alcune donne chiedono insistentemente un velo per coprire i capelli, secondo i dettami della loro religione. Marinella e Italo si dedicano in particolare ai bambini: hanno aperto le loro valigie piene di tesori: bolle di sapone, palline colorate, giocattoli di ogni forma, un tamburello, una fisarmonica… Piano piano i bambini si avvicinano, rispondono ai sorrisi. Poi il gioco li conquista e loro conquistano i volontari. E quando finalmente i loro occhi brillano senza più ombre e il sorriso è divenuto una risata argentina, volontari e genitori si guardano senza parlare e non sia sa chi sia più commosso. Il camper della "Scuola di pace" attira l'attenzione dei migranti ma anche quella della piccola mafia maghrebina che staziona nei giardinetti e che vorrebbe "gestire" a modo suo la disperazione di chi è sopravvissuto al viaggio. La presenza dei volontari che si è aggiunta a quella di Nawal - minacciata più volte anche in questi giorni ma niente affatto intimidita - li infastidisce assai. Così uno di loro intercetta Paolo, l'altro cineoperatore, e spiega agli "amici di Nawal" che farebbero bene ad andarsene da lì e non occuparsi dei problemi di viaggio dei migranti. Con un breve consulto viene deciso di dare meno nell'occhio, ma di continuare a svolgere l'attività della associazione. Come al solito, con poche persone e pochi mezzi.
    Ma va bene anche così. Come ha dimostrato quella bambina che al momento di avviarsi verso il binario ha guardato Marinella e con tono implorante le ha sussurrrato: "Safri maana". Nawal ha tradotto. Significa: "Viaggia con noi".
   

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