Giovedì 1.200 sbarchi solo a
Lampedusa, venerdì 1.186, sabato 2.186… In una settimana oltre
5.000 migranti sono giunti in Sicilia: un esercito di indifesi
in fuga da guerre, fame, malattie. Un esercito dalle molte
bandiere: ghanesi, nigeriani, curdi iracheni, palestinesi,
siriani, libici, somali, eritrei, pachistani. Tutti hanno storie
orribili che vorrebbero lasciare dietro di sé, ma che invece si
porteranno sempre dentro, specialmente nel cuore dei bambini.
Volontari della "Scuola di pace" (www.lascuoladipace.org) -
un'associazione che porta aiuto ai bambini in situazioni di
calamità - partono da Roma in cinque, quattro uomini e una
donna, a bordo di un'autovettura e di un camper stivati di
materiale: alimenti, indumenti, medicinali di banco, giocattoli.
Obiettivo: la stazione centrale di Catania, dalla quale
transitano ogni giorno decine di famiglie siriane che sono
approdate alle coste della Sicilia e vogliono raggiungere Milano
per espatriare in Paesi del Nord: Germania, Olanda, Svezia A
Catania c'è un contatto prezioso: Nawal, marocchina di 26 anni,
attivista per i diritti umani. Vive a Catania da molti anni con
i genitori, è iscritta all'Università (Scienze Politiche) ma
dedica ogni ora del suo tempo ad aiutare le famiglie di siriani
e palestinesi. In città la conoscono tutti, è un riferimento
obbligato per le autorità (la convocano come interprete, è in
continuo contatto con il comando generale della Capitaneria di
Porto di Roma), ma soprattutto per i migranti. Qualcuno ha
denunciato lei e Agata, la ragazza che l'aiuta assieme a
Giuseppe, per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
Il camper della "Scuola di Pace", viene parcheggiato sul
piazzale della stazione di Catania, a ridosso di un giardinetto
che sarebbe bellissimo (c'è una splendida fontana dei primi del
'900, senz'acqua), se la notte non dovesse ospitare gruppi di
nordafricani giunti da chissà dove e di giorno tante famiglie
siriane, con donne a bambini, in attesa del treno che li porterà
a Milano. Arrivano le prime famiglie. I bambini hanno lo sguardo
fisso, spaurito, gli uomini sono disorientati. Pochi parlano
inglese. Tutti mostrano grande dignità e educazione. Nawal è un
vulcano: li accompagna in stazione per fare i biglietti, dà loro
consigli, parla contemporaneamente a due telefonini. A dare una
mano c'è anche Agatino, il posteggiatore abusivo della stazione
che tutto vede e tutto sa. E per fortuna il personale
ferroviario nella stazione mostra grande umanità e pazienza,
mentre la Polizia ferroviaria controlla, ma lo fa bonariamente.
I volontari distribuiscono acqua, risolvono piccoli-grandi
problemi. Tutti, all'arrivo, sono stati rifocillati e hanno
avuto indumenti puliti. Ma Ismail, sei anni, ha calzoncini due
taglie più grandi della sua e non può camminare perché se li
perde. Non c'è una cintura per lui, ma una corda di nailon
risolve, per ora.
I cinque volontari hanno compiti diversi (due sono qui per
documentare con immagini una situazione quotidiana che ha
dell'incredibile), ma tutti fanno tutto: urge un pacco di
pannolini, bisogna correre con acqua fresca e bustine di
integratori: nella stazione un giovane migrante si è sentito
male, alcune donne chiedono insistentemente un velo per coprire
i capelli, secondo i dettami della loro religione. Marinella e
Italo si dedicano in particolare ai bambini: hanno aperto le
loro valigie piene di tesori: bolle di sapone, palline colorate,
giocattoli di ogni forma, un tamburello, una fisarmonica… Piano
piano i bambini si avvicinano, rispondono ai sorrisi. Poi il
gioco li conquista e loro conquistano i volontari. E quando
finalmente i loro occhi brillano senza più ombre e il sorriso è
divenuto una risata argentina, volontari e genitori si guardano
senza parlare e non sia sa chi sia più commosso.
Il camper della "Scuola di pace" attira l'attenzione dei
migranti ma anche quella della piccola mafia maghrebina che
staziona nei giardinetti e che vorrebbe "gestire" a modo suo la
disperazione di chi è sopravvissuto al viaggio. La presenza dei
volontari che si è aggiunta a quella di Nawal - minacciata più
volte anche in questi giorni ma niente affatto intimidita - li
infastidisce assai. Così uno di loro intercetta Paolo, l'altro
cineoperatore, e spiega agli "amici di Nawal" che farebbero bene
ad andarsene da lì e non occuparsi dei problemi di viaggio dei
migranti. Con un breve consulto viene deciso di dare meno
nell'occhio, ma di continuare a svolgere l'attività della
associazione. Come al solito, con poche persone e pochi mezzi.
Ma va bene anche così. Come ha dimostrato quella bambina che al
momento di avviarsi verso il binario ha guardato Marinella e con
tono implorante le ha sussurrrato: "Safri maana". Nawal ha
tradotto. Significa: "Viaggia con noi".
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