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Teatro: 'Le nuvole', la faccia triste della doxa

Teatro

Teatro: 'Le nuvole', la faccia triste della doxa

A Siracusa l'Aristofane di Calenda punta sulla giustizia negata

PALERMO, 04 agosto 2021, 10:59

Redazione ANSA

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Teatro: Le Nuvole, la faccia triste della Doxa - RIPRODUZIONE RISERVATA

Teatro: Le Nuvole, la faccia triste della Doxa - RIPRODUZIONE RISERVATA
Teatro: Le Nuvole, la faccia triste della Doxa - RIPRODUZIONE RISERVATA

Sono cangianti, si muovono spinte dal vento e assumono le forme più varie, proprio come le opinioni, tutte legittime e tutte svogliate: "Le nuvole" di Aristofane, al debutto ieri sera al Teatro Greco di Siracusa per la regia di Antonio Calenda, fanno il loro giro distratto nei cieli e con l'aria delle nuove divinità che sanno di aver sostituito gli dei della Grecia classica, si offrono agli adulatori. La ricerca della verità, attività mai paga di sé, nulla può contro la doxa, che tutto piega all'opportunità del momento.
    Viene da chiedersi: siamo sicuri di trovarci davanti a una commedia? Il grido accorato di Aristofane segnala la deriva della giustizia, innanzitutto, perché è proprio nei processi che la retorica genera i migliori frutti.
    I sofisti, qui capeggiati da Socrate, sono gli artisti della parola, del "discorso peggiore", ma utile ai progenitori inconsapevoli dei politici e degli avvocati, che in aula fanno sfoggio di retorica.
    Il più famoso tra i commediografi di Atene avverte, con una punta di veleno, che il gioco delle parole è un azzardato e può condurre alla rovina e al fuoco. Atene alla fine brucia e la leggerezza di Aristofane non basta ad arginare il rogo. Il nostro tempo è avvertito.
    Lo sprovveduto contadino Strepsiade si era illuso, aveva creduto nella magia della scuola dei sofisti e quando scopre l'inganno diventa un piromane e incendia la scuola. Braccato dai creditori, il contadino si è persuaso che la retorica può farlo prevalere in tribunale. Ecco allora che persino la filosofia si è snaturata, ha cambiato obbiettivo: prevalere, vincere, persuadere e soprattutto essere utile ai propri personalissimi scopi.
    Antonio Calenda realizza uno spettacolo sobrio, elegante, leggiadro, come i bellissimi cappelli delle nuvole, enormi tulle che appaiono sulla sommità della scena con un pregevole canto polifonico. Nando Paone, nei panni di Strepsiade, è bravissimo, ne fa un personaggio beckettiano, smarrito e allo stesso tempo furbo; ma basta una paglietta ed è subito varietà. Il cast va incontro a un'ottima prova e spiccano certamente Galatea Ranzi, una nuvola seducente, ammiccante, in doppio con Daniela Giovannetti; Stefano Santospago è Aristofane che presenta la commedia in marsina bianca e ne sorveglia l'andamento. Molto convincente il Socrate di Antonello Fassari e il Fidippide di Massimo Nicolini, che con la sua erre moscia somiglia vagamente a Lapo Elkan.
    Il coro di nuvole è ben condotto dalle coreografie di Jaqueline Bulnés, ma un applauso speciale va alle musiche di Germano Mazzocchetti, tutte ispirate al Novecento, che riportano la commedia all'avanspettacolo, al varietà, territori naturali per Calenda.
    Dopo uno spettacolo di centossessanta minuti, il pubblico si concede un tempo supplementare per applaudire con trasporto tutto il cast.
    Si replica fino al 21 agosto.
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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