Diventa definitiva la condanna a
25 anni di reclusione per uxoricidio e occultamento di cadavere
di Salvatore Di Grazia, l'84enne accusato di avere ucciso la
moglie Mariella Cimò, 72 anni, per contrasti economici e
passionali, facendo poi sparire il corpo. La Corte di cassazione
ha rigettato il ricorso dei suoi legali contro la sentenza della
Corte d'appello di Catania che l'8 luglio 2019, aveva confermato
quella di primo grado, emessa il 7 aprile del 2017. La donna
scomparve dall'abitazione della coppia il 25 agosto 2011, la
denuncia fu stata presentata dal marito il 5 settembre
successivo. I due erano sposati da 43 anni. Negli ultimi periodi
c'erano stati dei contrasti tra marito e moglie, in particolare
sulla gestione di un autolavaggio self service per autovetture
di Aci Sant'Antonio, di proprietà della Cimò e nel quale
lavorava Di Grazia. La donna lo voleva vendere mentre il marito
era assolutamente contrario, anche perché, sostengono i
carabinieri che indagarono coordinati dal Pm Angelo Busacca,
"utilizzava gli uffici per incontri legati a relazioni
extraconiugali".
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