"La Corte ha ritenuto sussistenti
tutti i fatti contestati ma ha erroneamente ritenuto che il
trafficante indicato come 'Medhanie' non doveva identificarsi
nell'imputato verso cui si è celebrato il processo, pur essendo
lo stesso soggetto certamente un trafficante di esseri umani,
seppure di spessore delinquenziale minore. Tale conclusione non
appare condivisibile e frutto di una errata valutazione degli
elementi di fatto e un travisamento degli elementi di prova". Lo
scrive la procura di Palermo nell'appello alla sentenza con cui
la Corte d'assise, il 12 luglio, ha assolto l'eritreo accusato
di essere uno dei boss della maggiore organizzazione di
trafficanti di migranti del Nordafrica. I giudici hanno però
condannato l'imputato a 5 anni per favoreggiamento
dell'immigrazione clandestina. Alla sbarra secondo la Procura
c'era Mered Medhanie, mentre la difesa dell'imputato ha
sostenuto che quello processato fosse Tesmafarian Berhe, un
falegname estradato dal Sudan per un errore di persona.
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