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L'arte della fame secondo Migliora

L'arte della fame secondo Migliora

A palazzo Branciforte nelle stanze dell'ex Monte di Pietà

PALERMO, 08 settembre 2018, 10:31

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Negli spazi labirintici dell'ex Monte dei pegni al palazzo Branciforte, a Palermo, Marzia Migliora propone "Voce del verbo avere", dal titolo dell'installazione che apre il percorso espositivo e trae suggestione dall'obolo di Caronte. Nato dalla collaborazione tra Fondazione Merz e Fondazione Sicilia, il progetto dell'artista prende avvio dalla storia dei luoghi per una riflessione politica e sociale sulla condizione attuale dell'uomo.
    Le opere prendono avvio dal concetto di economia, a partire dalla scomposizione etimologica del termine in "oikos" (casa, intesa come famiglia, ma anche beni e comunità) e "nomos" (regola): al Monte di Pietà le persone indigenti erano costrette a impegnare i beni di famiglia (oikos), per cercare di adempiere alle norme imposte dallo Stato e dalla comunità e per assolvere i bisogni primari di sussistenza (nomos). I due termini rappresentano l'elemento concettuale comune in ogni opera in mostra, insieme alle tematiche del denaro, del cibo e della fame.

L'ambiguità del denaro, che da un lato affranca dall'essere schiavo, ma dall'altro istituisce nuove schiavitù, costituisce un concetto fondamentale nell'opera di Marzia Migliora. Dal denaro infatti dipende anche l'accesso al cibo, bisogno primario per la sussistenza dell'essere umano: è quindi la fame la chiave per attivare analogie e dissonanze, relazioni tra pieno e vuoto, ricchezza e povertà, indigenza e sicurezza, nutrimento e astinenza, inclusione ed esclusione. Un altro termine sottotraccia a tutta la ricerca è transizione, il passaggio da un modo di essere a un altro, inteso nell'accezione propria della funzione del banco dei pegni, ovvero quella di convertire oggetti personali in denaro contante.

Fra le opere create per Palazzo Branciforte "Pane di bocca", installazione costituita da una fede originale del 1935 che reca l'incisione "Oro alla Patria. 18 dicembre 1935" stretta nella morsa di una pinza odontoiatrica dentata, e "La giornata della fede", ispirata alla propaganda fascista rivolta al popolo italiano , chiamato a consegnare alla Patria le fedi nuziali, a sostegno della guerra in Etiopia. Il lavoro allude al concetto di fede, nel binomio dare avere tra l'autorità dello Stato e il popolo che lo abita.
Chiude il percorso espositivo "L'arte della fame", che deve il suo titolo al saggio di Paul Auster, è un carosello in cui alcune tassidermie di allodole rincorrono in un circuito perpetuo una pepita d'oro che, per sua natura, ricorda una mollica di pane.
L'esposizione, a cura di Valentina Bruschi e Beatrice Merz e visitabile fino al 4 novembre, fa parte delle iniziative di Palermo capitale italiana della cultura 2018 e si inserisce in Punte brillanti di lance, un programma di mostre ed eventi avviato nel 2017 dalla Fondazione Merz per Palermo.
   

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