Il sostituto procuratore generale
di Palermo Emanuele Ravaglioli ha chiesto la condanna a 21 anni
e due mesi di carcere di Valentina Pilato, la giovane
palermitana che, a novembre del 2014, abbandonò la figlia,
appena partorita, in un cassonetto, uccidendola. In primo grado
la donna era stata dichiarata incapace di intendere e di volere
e assolta dalla corte d'assise di Palermo. Il dibattimento di
secondo grado si "gioca" tutto sulle perizie psichiatriche. Per
i consulenti della difesa la Pilato non era in sé quando gettò,
dopo averla partorita in casa, la neonata. Si liberò della bimba
come si fa di "un oggetto pericoloso che la mente della madre si
rifiuta di considerare un figlio", hanno sostenuto gli esperti
per i quali la Pilato avrebbe un disturbo grave dell'umore che
si "accompagna a vissuti dissociativi e paranoidei". Di diverso
avviso i consulenti nominati dal gip in incidente probatorio
che, pur ammettendo l'esistenza di un "disturbo di adattamento",
ne hanno sostenuto la lucidità.
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