"Spatriato di là, oltre lo
Scilla", come scriveva in una sua poesia, Stefano D'Arrigo
moriva 25 anni fa a Roma, il 2 maggio. Aveva 72 anni ed era nato
ad Alì Marina, nel Messinese. Noto per Horcynus Orca -
pubblicato nel '75 dopo una gestazione quasi ventennale e di cui
un altro "spatriato", Elio Vittorini, aveva dato 15 anni prima
un'anticipazione su Il Menabò - D'Arrigo fu uno scrittore parco:
la sua produzione si chiude nell'85 con "Cima delle nobildonne",
suo secondo romanzo.
Debutta nel '57, pubblicando per Scheiwiller la raccolta di
poesie "Codice siciliano", uno scarno libretto che non supera le
cento pagine. Lì sono già ravvisabili i temi dell'Horcynus, che
di pagine, però, ne mette insieme quasi 1.300. Sui sostenitori e
detrattori dell'opera si sa abbastanza: tra i secondi figura un
malmostoso Enzo Siciliano, che parlò di "fritto misto". Ma la
vedova di D'Arrigo, Jutta Bruto, in un'intervista ricordò che
Leonardo Sciascia definì il libro "di spessore", facendo il
gesto con indice e pollice.
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