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Attivista gay condannato, lettera a pm

Attivista gay condannato, lettera a pm

Firmata da politici, associazioni, giornalisti e avvocati

PALERMO, 24 aprile 2015, 14:18

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Dopo la campagna su Facebook "Io sto con Vincenzo" e le cartoline con gli articoli della Costituzione e della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo che stabiliscono la "libertà d'opinione" distribuite per sensibilizzare l'opinione pubblica, una lettera aperta sul caso di Vincenzo Rao, condannato in appello per diffamazione nei confronti del pm Ambrogio Cartosio, è stata consegnata allo stesso magistrato, con le firme di parlamentari, associazioni, giornalisti, avvocati e cittadini, chiedendo che rimetta la querela prima della decisione della Cassazione. "L'evolversi della vicenda processuale - si legge - che ha come imputato l'attivista Vincenzo Rao sta mobilitando il sostegno e la solidarietà materiale, umana e politica di tante persone e di diverse associazioni. Una condanna inflittagli a causa di un comunicato politico firmato dall'associazione omosessuale di Palermo Articolo Tre di cui all'epoca dei fatti Vincenzo Rao era membro del consiglio direttivo. Il tema posto dal processo e dalla condanna ci sembra avere delle implicazioni più vaste e complesse della vicenda in sé. Non sottovalutiamo affatto le ragioni che la hanno portata alla querela, né intendiamo sminuire i suoi sentimenti innanzi alle parole e alle frasi scritte in quel comunicato politico. Ciò nonostante avanziamo forti perplessità rispetto all'azione da lei intrapresa, proprio perché autorevole membro della magistratura, nei confronti di chi non aveva alcuna intenzione di rivolgerle un attacco personale o di delegittimare il suo lavoro". Nel 2007 un'insegnante di una scuola media di Palermo fece scrivere sul quaderno di un suo alunno: "sono un deficiente", per 100 volte, l'alunno colpevole di non voler fare entrare in bagno un compagno dicendogli: frocio e femminuccia. La professoressa viene denunciata dai genitori dell'alunno e in primo grado venne assolta. Cartosio fece poi ricorso. "Rao intendeva rappresentare il sentire comune - prosegue la lettera - di un vasto gruppo di persone che si sono sentite offese da alcuni passi dell'atto di Appello da lei scritto per contestare l'assoluzione in primo grado della professoressa, denunciata per abuso di mezzi di correzione. Gli stessi passi che, del resto, furono evidenziati dalla stampa locale e nazionale proprio per il loro contenuto e per il loro inserirsi in un clima di acceso dibattito pubblico". "La invitiamo a considerare l'opportunità di ritirare la denuncia contro Vincenzo Rao - conclude la lettera - perché una condanna sulla base di una querela e un risarcimento pecuniario, per quanto legittimi siano, rischiano di rappresentare un pericoloso precedente, anche per il ruolo ricoperto da lei come querelante, un magistrato, che può produrre lo sgradevole effetto di intimorire la libertà di critica e di pensiero nei comuni cittadini".
   

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