"Mostafa era un mio amico", "un
ragazzo d'oro pieno di vita e di speranze", che "conoscevo
dall'infanzia", "aveva 25 anni" e "l'ho rincontrato a Bengasi"
dove mi "ha aiutato nell'organizzare il mio viaggio verso
l'Italia" perché lui "era arrivato prima di me in Libia". E' il
racconto, commosso, alla squadra mobile della Questura di
Ragusa, dell'eritreo che ha identificato il suo connazionale
come il migrante morto su un gommone per le bastonate ricevute
prima dell'imbarco.
"Fu proprio lui - spiega il testimone - a farmi conoscere i
soggetti inseriti in un'organizzazione che promuove viaggi
clandestini e che volle mille dollari a persona per farci
partire. Un giorno ci hanno portato in un capannone dove non
erano concesse forme di libertà C'era un solo bagno e per tale
motivo vi erano seri problemi di igiene. Mangiavamo una volta al
giorno con del riso. I libici erano sempre armati di pistole e
la loro vigilanza su di noi era costante, così come le
bastonate".
Arriva la notte della partenza: "siamo stati divisi in due
gruppi - ricorda il testimone - Mostafa faceva parte del
secondo, ed è stata l'ultima volta che l'ho visto vivo. Ci siamo
salutati e ripromessi che ci saremmo rivisti in Italia. Era un
bravo ragazzo, direi d'oro, dotato di elevato senso di
altruismo. Mi raccontava della sua famiglia e dei momenti più
felici vissuti nel corso della sua infanzia".
"Il nostro gommone - conclude il ricordo il testimone - è
stato salvato per primo da una nave militare italiana. Alcune
ore dopo è stato recuperato anche il secondo, ed è stato per me
drammatico sapere che il mio amico Mostafa era tra i presenti di
quel battello, ma privo di vita...".
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