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Legittimo stop lavori a Tuvixeddu

Legittimo stop lavori a Tuvixeddu

Sentenza appello,risarcimento Regione sarda passa da 77,8 a 1mln

CAGLIARI, 09 aprile 2018, 19:14

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Era legittima l'interruzione dei lavori del nuovo quartiere residenziale a ridosso della necropoli punica di Tuvixeddu, a Cagliari, imposto nel 2006 dalla Regione Sardegna alla società Nuove Iniziative Coimpresa del gruppo Cualbu. Lo ha stabilito la Corte d'Appello di Roma limitando a un milione e 200 mila euro il risarcimento che l'ente pubblico dovrà pagare ai costruttori. Quattro anni fa il Tribunale aveva disposto un indennizzo di 77,8 milioni, ma ora i giudici di secondo grado hanno accolto l'impugnazione del lodo arbitrale presentato dalla Regione nel 2013 riducendo drasticamente la somma dovuta al gruppo Cualbu e consentendo il recupero di quanto già depositato a favore di Coimpresa.

Lo stop ai lavori deciso dalla Giunta allora guidata da Renato Soru, era arrivato dopo il rinvenimento di 1.200 nuove sepolture puniche non ancora censite. L'intervento della Coimpresa era stato varato nel 2000: oltre alle palazzine nel colle di Tuvixeddu la società avrebbe dovuto realizzare anche un parco archeologico e una strada che attraversava il canyon industriale che divide la collina.

In sostanza, la seconda Sezione civile della Corte d'appello di Roma sottolinea che dal settembre 2006, cioè dall'entrata in vigore del vincolo del Ppr, il Piano paesaggistico regionale varato dalla Giunta Soru, già riconosciuto definitivamente legittimo dai giudici amministrativi, nessun danno può essere riconosciuto al costruttore per il blocco dei lavori subito dall'applicazione del Ppr.

"In conclusione - si legge nella sentenza - il risarcimento non può che essere limitato all'unico provvedimento risultato illegittimo e che aveva determinato un ritardo nei lavori, vale a dire quello di sospensione dei lavori, emanato nell'agosto del 2006, e quindi prima della entrata in vigore del Ppr - l'8 settembre di quello stesso anno - dichiarato illegittimo dal giudice amministrativo". La Regione quindi deve essere ritenuta responsabile soltanto per i giorni di ritardo compresi tra il 9 agosto 2006 e l'8 settembre 2006.

"Tenuto conto - si legge ancora nella sentenza della Corte d'Appello di Roma - che per ogni giorno di ritardo è stato calcolato un pregiudizio della società Coimpresa pari ad euro 38.900,00, la Regione deve essere condannata al pagamento dell'importo complessivo di euro 1.205.900,00 (euro 38.900,00 per 31 giorni)".

Infine, in merito all'efficacia dell'articolo 49 delle Norme Tecniche di Attuazione (Nta), la Corte precisa che "con l'adozione del Piano Regionale e della disposizione transitoria di cui all'art. 49 NTA, peraltro, l'esecuzione di lavori di edificazione all'interno dell'area inserita nel piano era divenuta irrealizzabile. Ne deriva che indipendentemente dalla perdurante efficacia () di questo e degli altri provvedimenti cautelari illegittimi, l'edificazione era stata comunque impedita dalla intervenuta approvazione della misura transitoria di salvaguardia, sino a quando il Comune di Cagliari non si fosse dotato di un Piano regolatore conforme al Ppr".

CUALBU RICORRE IN CASSAZIONE - "Siamo sconcertati". Questo il commento lapidario dell'imprenditore Gualtiero Cualbu, patron dell'omonimo gruppo, alla decisione della Corte d'Appello di Roma che ha accolto il ricorso della Regione Sardegna, tagliando il mega risarcimento da oltre 83 milioni di euro - si arriva a questa cifra dagli iniziali 77,8 mln per effetto degli interessi - che la società Nuove Iniziative Coimpresa (gruppo Cualbu) aveva ottenuto quattro anni fa per l'interruzione dei lavori del complesso residenziale a ridosso della necropoli punica di Tuvixeddu. Raggiunto al telefono dall'ANSA, Gualtiero Cualbu ha espresso tutta la sua perplessità per la sentenza dei giudici romani.

"Stiamo leggendo in questo momento le motivazioni - ha detto chiedendo tempo per studiarsi gli atti - posso solo dire che siamo assolutamente sconcertati per questa decisione". Da parte sua, il figlio Giuseppe Cualbu annuncia un ricorso per Cassazione. "Per quanto ci riguarda è una vicenda ancora lontana dall'essere chiusa - chiarisce all'ANSA - Riteniamo che questa sia una sentenza ingiusta ed erronea, per questo sarà presentato un ricorso alla Suprema Corte". Quindi ribadisce che ci sono altri fronti aperti. "Esiste un accordo di programma - ricorda Giuseppe Cualbu - sono state cedute delle aree da parte del privato e sono state anche realizzate delle opere: per noi la questione è tuttora aperta".

MONGIU, ORA I SOLDI VADANO A TUVIXEDDU - "Finalmente forse si metterà una parola fine a questa vicenda e mi auguro ora che questi 80 milioni che il privato dovrà restituire saranno spesi su Tuvixeddu". Così all'ANSA Maria Antonietta Mongiu, docente e archeologa, già assessora alla Cultura all'epoca della Giunta guidata da Renato Soru e strenua difensora dei vincoli che vennero posti sull'area della necropoli punica di Tuvixeddu dopo il ritrovamento di migliaia di tombe non censite.

"La sentenza della Corte d'appello di Roma - sottolinea Mongiu - afferma che il blocco dei lavori era legittimo perché il Piano paesaggistico regionale, questo strumento straordinario, è sovraordinato a tutto poichè figlio del Codice Urbani che impone di attuare l'articolo 9 della Costituzione e la Convenzione europea per il paesaggio. In altre parole, questa decisione conferma che in quell'area non si può costruire nulla: non solo non si potevano fare i palazzi, ma nemmeno le strade e le fioriere".

L'ex assessora alla Cultura chiede ora che si investa su Tuvixeddu. "Serve un adeguamento del Puc di Cagliari al Piano paesaggistico regionale - chiarisce - e la copianificazione per quanto riguarda Tuvixeddu. E in questa direzione, mi auguro che gli 80 milioni che il privato dovrà ora restituire saranno investiti proprio sulla necropoli".

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