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Riina'sepolto vivo''a Asinara per 4 anni

Riina'sepolto vivo''a Asinara per 4 anni

Trasferito in elicottero, "questa non me la dovevano fare"

SASSARI, 17 novembre 2017, 20:35

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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"Questa proprio non me la dovevano fare". Secondo le cronache dell'epoca, Totò Riina reagì così quando realizzò di essere finito all'Asinara. Era la vigilia di Natale del 1993, il "capo dei capi" era stato catturato all'inizio di quell'anno. Dalla sfarzosa dimora palermitana si ritrovò catapultato nel bunker appena ristrutturato per lui. A Cala d'Oliva, oggi meta turistica dedicata alla memoria di un'epoca che l'istituzione del Parco non intende cancellare ma che non riesce neanche a superare, Totò Riina restò dal dicembre del 1993 al luglio del 1997. Ci arrivò a bordo di un elicottero dei carabinieri, poco dopo le 10, con appresso pochi effetti personali in una busta di plastica. Quando il mulinello di sabbia prodotto dalle eliche gli permise di aprire gli occhi, capì di essere finito nel carcere che i mafiosi temevano di più e si mise le mani in testa.
    Col suo trasferimento all'Asinara, caldeggiato anche dall'allora presidente della commissione Antimafia, Luciano Violante, si volevano azzerare le complicità che l'avevano aiutato a governare la "cupola" anche dopo l'arresto. Il 20 novembre Riina venne prelevato dal carcere palermitano dell'Ucciardone. Un aereo dell'Aeronautica militare lo condusse a Ciampino. Nel carcere romano di Rebibbia venne sgomberato un braccio per lasciargli spazio per una notte. La mattina dopo lo prelevò un elicottero dell'Arma che lo riportò a Ciampino, da dove partì per Alghero. Qui due elicotteri decollarono verso l'Asinara: in uno c'era Riina. Nell'isola Riina convisse con sé stesso e la sua coscienza, al buio, in pochi metri quadrati. Era sepolto vivo, senza contatti con l'esterno. A controllarne ogni minimo movimento, se possibile anche i pensieri, c'era il Nucleo interforze di vigilanza dell'Asinara: trenta guardie sarde, che per non farsi capire da lui parlavano "in limba". La permanenza nella cosiddetta "Cayenna sarda" fu il periodo più duro della sua detenzione.

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