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Giovani uccisi: parla sorella vittima

Giovani uccisi: parla sorella vittima

Nuoro, teste racconta ultime ore di vita del 29enne di Nule

NUORO 19 OTT, 19 ottobre 2017, 19:46

Redazione ANSA

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Processo Nuoro: in aula la sorella di Stefano Masala - RIPRODUZIONE RISERVATA

Processo Nuoro: in aula la sorella di Stefano Masala - RIPRODUZIONE RISERVATA
Processo Nuoro: in aula la sorella di Stefano Masala - RIPRODUZIONE RISERVATA

"Stefano la sera del 7 maggio 2015 è uscito per andare al bar Planet, in centro. Qui ha ricevuto la telefonata di Paolo Enrico Pinna, ha quindi salutato il proprietario e un amico e a tutti e due ha detto che stava andando a casa di Pinna". Così Valentina, 36 anni, sorella di Stefano Masala, il 29 enne di Nule scomparso la sera del 7 maggio 2015 e mai tornato a casa, ha ricostruito le ultime ore di vita del giovane davanti alla Corte d'assise di Nuoro.

Alla sbarra con l'accusa di omicidio e occultamento di cadavere, Alberto Cubeddu, 21 anni, di Ozieri: il suo complice, il cugino Paolo Enrico Pinna, all'epoca dei fatti minorenne, è già stato condannato a 20 anni. Ai due viene contestato anche l'assassinio dello studente di Orune Gianluca Monni, ucciso la mattina successiva alla sparizione di Stefano Masala. Due delitti per una offesa - questa la ricostruzione degli inquirenti - che Gianluca ha rivolto a Paolo Enrico Pinna durante una festa di paese, Cortes Apertas, nel dicembre 2014.

Pinna aveva importunato la fidanzata di Monni e per questo era stato picchiato e disarmato di una pistola dallo studente di Orune e da un gruppo di suoi amici. Stefano Masala entra nella vicenda perchè i due cugini avrebbero voluto far ricadere su di lui la colpa dell'omicidio di Gianluca. Dopo averlo attirato in una trappola, lo avrebbero ucciso facendo sparire il corpo, e con la sua auto l'indomani hanno raggiunto Orune e ucciso lo studente.

"Stefano ci aveva raccontato dell'episodio di Cortes Apertas, dove era andato insieme a Paolo Pinna - ha ricostruito la sorella in aula - Ci ha parlato del fatto che Paolo ha iniziato a importunare una ragazza e che lui stesso ha cercato di fermarlo. Poi ha raccontato della rissa e del fatto che Pinna era stato disarmato e picchiato dai ragazzi di Orune. E ha aggiunto che se avesse saputo che Paolo era armato non lo avrebbe mai portato a Orune con la sua macchina".

IN AULA IL DOLORE DEI FAMILIARI DI MASALA - Il dolore di un'intera famiglia in un'aula di giustizia. E' successo in Corte d'assise a Nuoro quando hanno testimoniato Marco, Giuseppe, Valentina e Alessandra Masala, rispettivamente padre, fratello e sorelle di Stefano, il giovane di 29 anni di Nule scomparso la sera del 7 maggio 2015 e mai rientrato a casa. Un racconto interrotto dai singhiozzi e dalle lacrime, quello del papà.

"So che mio figlio è morto - ha detto - Con le forze dell'ordine, i sommozzatori, i cani molecolari abbiamo scandagliato le campagne i pozzi, i fiumi, i laghi, le porcilaie di mezza Sardegna: volevo riportare a casa almeno i resti di Stefano per avere una tomba su cui poggiare un fiore. Non auguro neppure a chi ha fatto questo di provare un secondo il dolore che stiamo provando noi". L'uomo ha ripercorso il calvario della famiglia, in particolare della moglie, che non ha retto alla tragica fine del figlio ed è morta nel magio 2016: "Si sono portati via non solo Stefano ma anche mia moglie".

Poi la ricostruzione delle ultime ore di vita del giovane. "L'8 maggio, visto che ci avevano riferito che Stefano la sera prima era andato a casa di Paolo Enrico, ho mandato il mio amico Peppone Manca dai Pinna per avere qualche informazione. Paolo Enrico gli ha detto che Stefano era andato da lui per avere il numero di cellulare di una ragazza che a lui piaceva molto, gli ha chiesto di intercedere con lei, perché se lo avesse rifiutato si sarebbe suicidato".

Affermazioni non veritiere, secondo Marco Masala: il figlio, ha riferito alla Corte, aveva sempre avuto il cellulare di quella ragazza e Stefano non si sarebbe mai tolto la vita, era un ottimista. Per l'accusa Pinna aveva attirato in una trappola Stefano con la scusa di un appuntamento con la ragazza di cui si era invaghito. "La sera del 7 maggio, poco prima di uscire, Stefano emanava un profumo esagerato di dopo barba - ha confermato il padre - E' molto probabile che fosse convinto di incontrare quella ragazza".

In aula ci sono stati forti momenti di tensione tra la difesa dell'imputato, Alberto Cubeddu, e gli avvocati di parte civile che hanno avuto da ridire per l'estenuante esame a cui Marco Masala è stato sottoposto. In particolare, una frase del legale Mattia Doneddu, "Ci vuole coraggio a lasciare un ragazzo di 21 anni in carcere", ha provocato la bagarre di parenti e amici dei due giovani uccisi. L'udienza è stata aggiornata al 16 novembre prossimo.

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