"La drammatica vicenda dell'Igea,
che oggi aggiunge alla disperazione del personale dipendente la
pesantissima inchiesta giudiziaria che vede gli arresti dei
vecchi vertici aziendali e ben 62 persone sotto inchiesta
scoperchia il vaso di Pandora del sistema delle società
partecipate nella Regione Sardegna, che appare ormai distante
anni luce dalle reali esigenze di sviluppo e di trasparenza
dell'Isola": così si è espresso il deputato dei Riformatori
Pierpaolo Vargiu che in un'interrogazione urgente al ministero
dell'Economia, chiede l'intervento del Governo "nella giungla
insostenibile delle società partecipate di Regione, Province e
Comuni".
"In Sardegna le società partecipate regionali sarebbero 28,
11 delle quali da tempo in liquidazione, con ben 5.638
dipendenti (240 milioni di euro di costo del personale) e 124
nuove assunzioni nell'ultimo anno - sottolinea Vargiu -. Alla
Regione le partecipazioni costano 366 milioni di euro l'anno: di
questi, tre milioni vanno a remunerare le consulenze esterne e
ben due milioni e mezzo vanno a pagare annualmente gli
emolumenti dei 77 componenti di organi di amministrazione che,
sopravvissuti ai referendum del 2012 (prima erano oltre 150),
percepiscono in media 31.287 euro l'anno. Non molto differente
appare la corrosiva ramificazione delle partecipazioni negli
altri livelli dell'amministrazione sarda: le Province, anche
quelle a loro volta in liquidazione, contano 30 società
completamente o parzialmente partecipate, mentre sono 135 le
partecipate comunali, con una pletora di 4.731 dipendenti che
conferiscono alla Sardegna il poco invidiabile primato del più
alto numero di dipendenti nelle partecipate comunali (2,9 per
mille abitanti) tra tutte le regioni del sud Italia".
Vargiu chiede dunque di sapere "quali attività di
sorveglianza abbia messo in campo il ministero dell'Economia
nell'ambito delle proprie attività di spending review per
accertarsi che i trasferimenti statali di risorse alla Regione
siano effettivamente indirizzati al supporto di attività
economiche e di coesione sociale e non al mantenimento di un
inaccettabile e anacronistico sottobosco politico
assistenziale".
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