(ANSA) - ROMA, 20 OTT - Esilarante, sovversivo, incendiario,
pericoloso, geniale, politicamente scorretto: sono molte le
parole che possono essere usate per raccontare il fenomeno
'Borat', il film di Sasha Baron Cohen, comico e dj ebreo
inglese - diventato un fenomeno grazie al programma 'Ali G
Show' - passato oggi in anteprima per la stampa alla Festa
del Cinema di Roma e in uscita in Italia a marzo 2007
distribuito da 20th Century Fox. Fatto sta che Borat,
scritto dallo stesso Baron Cohen e diretto da Larry Charles
(regista anche della serie 'Senfeld'), ha fatto molto ridere
ed e' stato altrettanto applaudito alla fine della
proiezione.
Il film e' la storia di un giornalista televisivo kazako,
Borat (Baron Cohen) inviato negli Usa per girare un
reportage sul ''piu' grande Paese del mondo'', ma che e'
piu' interessato a trovare, e sposare, la sexy Pamela
Anderson, regina di Baywatch. Non a caso il titolo completo
del film e' 'Studio culturale dell'America a beneficio della
gloriosa nazione del Kazakistan'. Tra l'arrivo in Usa, il
suo zigzagare nel Paese, e il ritorno in patria nell'oscura
cittadina di Kuczek, c'e' una serie di scene irresistibili
nelle quali il comportamento assolutamente irriverente di
Borat - accompagnato dal suo incapace produttore obeso
Bagatov (Ken Davitian) - fa emergere le ipocrisie, i
pregiudizi e i reali sentimenti della societa' statunitense
e occidentale. Borat nelle sue interviste incontra
personaggi reali che, in alcuni casi, di fronte alle
straordinarie provocazioni del giornalista kazako,
finalmente dicono la verita' e approvano le sue
dichiarazioni offensive sulle differenze sessuali e
razziali. Nel suo inglese di fantasia, Borat e' un ingenuo
al rovescio: il suo sessismo, maschilismo, antisemitismo
(lui ebreo osservante), la sua rozzezza e il suo disprezzo
verso ogni minoranza, solleticano non solo il lato oscuro -
ma non per questo meno vero - della societa' ma anche la
facciata del politicamente corretto. Alcune delle scene sono
memorabili: tra queste, la lite tra Borat e il suo
produttore obeso, che finiscono per mimare,
volontariamente/involontariamente, le posizioni sessuali, e'
da manuale.
La pellicola sembra girata come un documentario da
cinematografia arretrata, come potrebbe essere quella
kazaka, ma l'effetto e' devastante: tutto sembra emergere
ancor di piu', sia l'effetto comico sia quello paradossale.
Come se ci fossero effetti speciali. In molte delle location
il modo di girare della produzione ha attirato l'attenzione
della polizia o la reazione infuriata degli spettatori
ignari del film, come e' accaduto a Salem in Virginia, ad un
rodeo durante il quale Baron Cohen ha cantato 'l'inno
nazionale kazako' sulla musica di quello Usa. Lo stesso e'
avvenuto al Gay Pride di Washington. Un caleidoscopio di
situazioni nelle quali la comicita' di Baron Cohen - che
richiama la genialita' di Peter Sellers, ebreo come lui -
disarticola luoghi comuni e pigrizie della mente. (ANSA)