(ANSA) - ROMA, 20 ott - Grande serata di cinema (e di vita)
ieri alla Festa di Roma. Il piacentino Marco Bellocchio e il
parmense Bernardo Bertolucci si confrontano prima con due
film e poi raccontano, il primo con linguaggio sincopato e
il secondo nel segno dell' affabulazione, similitudini e
differenze dei loro percorsi. E la sala Petrassi
dell'Auditorium applaude e si commuove.
Tutto inizia, nella sezione Extra, con la proiezione di
'Sorelle', un lavoro di Bellocchio composto da tre episodi
di una stessa storia girati in tre anni diversi (1999, 2004,
2005) con gli studenti della scuola 'Fare cinema' di Bobbio.
Un film sperimentale di 70 minuti interpretato da attori
professionisti come Gianni Schicchi e Donatella Finocchiaro,
studenti del corso e famigliari del regista. Una sorta di
'album di famiglia -Amarcord' girato nei luoghi dei 'Pugni
in tasca' e con protagoniste le due straordinarie sorelle di
Bellocchio Letizia e Mariateresa alle prese con importanti
problemi di famiglia (''va allargata la cappella del
cimitero perche' ormai piena'') e soprattutto con la
gestione dell'amata nipote Elena (la figlia di Bellocchio
seguita nel film dai 5 ai 10 anni). Figlia di Sara
(Finocchiaro), attrice sempre in cerca di un lavoro, Elena
e' stata affidata prima al fratello Giorgio (interpretato
dal figlio del regista Piergiorgio) e poi alle zie che non
vorrebbero piu' distaccarsene anche quando Sara decide di
portarla con se a Milano. Tenero spaccato di una provincia
da cui tutti vorrebbero scappare, ma che allo stesso tempo
ha il suo forte richiamo 'Sorelle' per la sua realta' ha
incantato il pubblico che lo ha lungamente applaudito.
Bernardo Bertolucci risponde all' autoreferenzialita' dell'
Amarcord di Bellocchio con la sua 'Historie d'eaux', tredici
minuti di sogno. Ovvero la storia di Narada, giovane
clandestino appena sbarcato in un campo profughi, che mentre
si dirige verso un centro abitato incontra un vecchio
suonatore di flauto che sotto un mitologico albero gli
chiede di portargli dell'acqua. Nell'immaginario tragitto
che Narada compie per svolgere il suo compito succede di
tutto: l'incontro con Sabrina (Chiara Mastalli) in panne con
il suo motorino. Il matrimonio di Narada con la sorella di
Sabrina, Marcellina (Valeria Bruni Tedeschi), la nascita del
figlio Ali. Insomma nel tempo per portare l'acqua al vecchio
(''quanto tempo ci hai messo!'' gli dice il suonatore di
flauto) si e' svolta tutta una storia di integrazione e
felicita' per Narada che forse non e' mai davvero esistita.
A fine proiezione discussione tra Bellocchio e Bertolucci
con mario Sesti sul tema 'Quelli che vanno e quelli che
restano' ispirato a due quadri di Boccioni del 1911. E la
differenza tra i due si vede subito: ''E' difficile - dice
Bertolucci - stabilire quali siano tra me e Marco affinita'
e differenze. Una cosa e' certa. Quando sono al lavoro penso
sempre di essere qualcun altro. Che ne so, Godard, Renoir,
mentre Bellocchio e' sempre stato violentemente se stesso''.
Replica Bellocchio: ''anche per me c'e' stata tanta passione
per gli autori, ma e' vero che alla fine ho sempre cercato
di essere personale, tenere insieme 'vita e arte'.
Perdonatemi la banalita'''. Il primo incontro con Bellocchio
ha ricordato Bertolucci ''e' stato nel 1962 alla vigilia del
ciak del mio primo film 'La comare secca'. Mi ricordo che a
casa di Franchina dissi con orgoglio: 'Domani comincio a
girare il mio primo film'. Ci fu silenzio di tomba tra tutti
gli studenti del centro sperimentale. Ci fu pure chi, fra
loro, venne sul set a controllare se era vero, ma Marco no.
Era piu' cauto''. Comunque sempre Bertolucci
ricorda:''allora amavo la Nouvelle Vague francese e lui il
free cinema inglese, una differenza non da poco. Ma quando
poi vidi il suo 'I pugni in tasca', fu un pugno nello
stomaco anche per me''.
Le differenze sono un po' alla nostre spalle, aggiunge
Bellocchio:''Io di Piacenza, lui di Parma a quei tempi ero
influenzato dalla cultura moralistica dei Quaderni
Piacentini, ma comunque fino a un certo punto c'e' stato un
parallelo tra di noi, ma poi le nostre strade personali si
sono allontanate definitivamente''.
Tra le domande del pubblico, accorso numeroso, quella a
Bertolucci su Pasolini: ''la prima volta che lo vidi - dice
il regista - sulla porta di casa dei miei, a 14 anni, pensai
che fosse un ladro e gli chiusi la porta in faccia. Mio
padre (Attilio, ndr.) mi disse:fallo entrare,e' un grande
poeta''.
A un ragazzo di 21 anni del Centro Sperimentale di
Cinematografia che chiedeva ad entrambi, appellandoli
'maestri', cosa dovesse fare per realizzare il suo sogno di
diventare regista, Bertolucci ha replicato con ironia:
''Intanto smetti di chiamarci maestri''. Mentre Bellocchio
ha ricordato una simile esperienza con Antonioni quando era
studente:''Se io le chiedessi il numero telefonico me lo
darebbe? - dissi a Antonioni - E lui mi disse un secco: no.
E' giusto cosi' la forza per fare certe cose va trovata in
noi stessi''. (ANSA)