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''La strada di Levi'', il suo sguardo sull'oggi.
(ANSA) - ROMA, 18 ott - Non ci sono attori ma una sola voce fuori campo, quella di Umberto Orsini che legge alcuni passi del libro 'La tregua' dove Primo Levi racconta il suo viaggio di ritorno da Auschwitz a Torino, un viaggio lungo dieci mesi attraverso la Polonia, l'Ucraina, la Bielorussia, la Moldavia, la Romania, l'Ungheria, la Slovacchia, l'Austria la Germania e poi finalmente Torino e la sua casa: ''La strada di Levi'' di Davide Ferrario , film in concorso alla Festa Internazionale del cinema di Roma, ha ricevuto un primo riconoscimento con l'applauso dei critici al termine dell'anteprima di questo pomeriggio.
Una sala affollata ha partecipato con intensita' al viaggio con le telecamere su quello stesso itinerario compiuto da Levi su un treno merci dopo la sua liberazione il 27 gennaio 1945. Sentiamo le sue parole struggenti ma soprattutto si avverte lo sguardo di Levi sull'oggi e il viaggio dello scrittore si tramuta in una riflessione sull'Europa post-comunista: cosi' passano davanti, proprio come se lo spettatore fosse vicino al finestrino di un treno, le immagini dei resti dell'impero sovietico, Chernobyl, i raduni neonazisti, i villaggi degli emigranti.
Subito, in apertura di questo 'road movie', viaggio attraverso 6.000 chilometri, 10 frontiere e 60 anni, e' lo stesso Ferrario insieme a Marco Belpoliti (con il quale ha scritto la sceneggiatura) a dare il senso del film.
Sulle immagini di Ground Zero, si sente la voce del regista: ''Noi, come Primo Levi allora, viviamo oggi al termine di una tregua ...
Per Levi si trattava della tregua tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e l'inizio della Guerra Fredda; per noi e' quella tra la caduta del Muro di Berlino e l'11 settembre 2001.
Nel nostro film non abbiamo trovato la risposta a cosa ci aspetta.
Ci siamo solo messi in viaggio, per incontrare persone, senza preconcetti, per comprendere i paradossi in cui noi europei stiamo vivendo''. Ogni tappa ha la sua storia, i suoi personaggi e i suoi luoghi simbolici: la Polonia con Andrzey Waida e la ormai deserta acciaieria di Nowa Huta vicino Cracovia edificata dal regime comunista negli anni 50; l'Ucraina e la morte misteriosa dell'artista Igor Bilozir; Chernobyl e la sua zona poibita al di la' del confine con l'Ucraina.
Poi la vecchia Europa fino alla Germania dove il regista mostra un raduno neonazista.
Il contrasto tra le parole di Levi e i volti dei nazisti lascia senza parole.
Infine, l'Italia, Torino e il rientro a casa dello scrittore ma anche i suoi incubi e le sue paure.
Primo Levi si suicida nel 1987.
Il regista posa la telecamera su Mario Rigoni Stern, suo amico e anche lui sopravissuto della guerra, che legge brevi versi di una poesia scritta da Levi.(ANSA)
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