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Besson: da piccolo volevo fare l'astronauta.
(ANSA) - Roma, 16 ott - Luc Besson incontra i 150 piccoli giurati della sezione 'Alice nella citta'' e risponde, sereno e compassato, a tutte le domande dei bambini, mettendosi quasi a nudo, rivelando particolari della sua infanzia, soffermandosi sulle sue aspirazioni di scrittore, affrontando il tema delle aspettative di questo suo film d'animazione 'Arthur e il popolo dei Minimei' che riunisce due dei suoi volumi di narrativa per bambini.
Il film, che mescola la fiction live e il 3D, si annuncia un vero e proprio evento.
Basta scorrere i dati: cinque anni per realizzarlo, uno sforzo tecnologico imponente, un budget di 65 milioni di euro, le voci di star internazionali come David Bowie, Madonna, Snoop Dogg, Mia Farrow, la creazione di una scuola di grafici francesi al top, una squadra di 150 persone , riprese live di dieci settimane, che corrispondono al prezzo di un film normale.
In Italia arrivera' nelle sale a febbraio del 2007, ma i bambini sono gia' pazzi dei minuscoli personaggi che animano la pellicola.
Per la la lettura di alcuni passi del libro e la presentazione del trailer alla festa Internazionale del cinema di Roma, Besson si e' presentato nella sala Sinopoli dell' Auditorium in maglietta nera ed e' stato letteralmente acclamato dal popolo dei piu' piccini.
Solo alla fine, i giornalisti hanno potuto porgli qualche domande e qui il regista ha precisato la propria decisione di allontanarsi dal mondo del cinema 'in carne e ossa'.
''E' inutile | ha detto | realizzare film solo per fare soldi.
Quello che conta e' migliorare sempre di piu' e, se non riesci a farlo, allora e' bene lasciare perdere''.
Tuttavia ha chiarito che la frase sull'addio al cinema era stata a suo tempo estrapolata da un contesto piu' ampio e articolato.
''La realta' e' molto piu' sfumata.
Se mi capitasse un copione fantastico, non avrei dubbi''.
Per il momento il regista di film importanti come 'Il grande bleu', 'Leon', 'Il quinto elemento' e' in forma e contento di essere a Roma, una citta' tutta da scoprire.
''E' magnifico essere qui e siccome mi hanno dato le chiavi, posso andare dappertutto!''.
Tante le domande dei ragazzi e, a un certo punto, Besson si e' complimentato: ''Siete piu' bravi dei giornalisti...almeno di quelli francesi!''.
E quindi, forse contagiato dal clima effervescente e dalla ventata di allegria portata dai ragazzi, ha raccontato di se' in modo sincero e naturale: ''Da piccolo sognavo di fare l'astronauta, poi di occuparmi di delfini ma ho avuto problemi con le immersioni e soltanto dopo e' arrivato il cinema''.
Si riconosce in Arthur, il bambino di dieci anni eroe del film? ''Un po' si'.
Quando scrivi attingi sempre dai tuoi ricordi.
Anche io avevo un cane e spesso andavo dalla nonna, ma non ho mai guidato una zanzara o dormito in un fiore''.
La decisione di scrivere? ''Un'operazione di liberta', si puo' descrivere un giardino anche dilungandosi in quindici pagine, senza essere ossessionati dalla lunghezza, ci si puo' esprimere senza gabbie''.
E poi, ha aggiunto, ''se si sbaglia, o non ci piace cio' che abbiamo composto, basta un segno di penna, mentre al cinema tutto e' molto piu' complicato''.
Il regista francese ha parlato della sua fatica come un'operazione complessa, una sfida vista anche la sua ''originaria ignoranza tecnologica'' ma oggi e' soddisfatto: ''e poi avere a che fare con attori di due millimetri semplifica molto, loro arrivano puntuali e non creano problemi''.
Ora ha riunito due dei suoi libri.
Il futuro?: ''Bisogna capire se e quanto piace la saga di Arther.
Ma noi continueremo fino a quando ci saranno storie da raccontare''.
''Vengo dal mondo dei film non di animazione | ha ricordato | ma oggi grazie alla tecnologia si possono fare cose straordinarie, direi incredibili.
Toy story ha inaugurato una nuova era e noi con Arthur abbiamo cercato di confondere le carte, non si sa quello che e' vero e quello che invece non lo e', parlo degli alberi e dei fiori.
Ma il film non vuole essere assolutamente una risposta al cinema americano.
Intanto perche' loro hanno piu' soldi ma soprattutto perche' vogliamo portare la nostra ricchezza culturale, la nostra diversita'''.
Insomma Arthur e' molto di piu' di un esperimento e la sua nascita e' figlia di un processo creativo che nei libri ha trovato la tappa piu' importante: ''Ed e' per questo che dico a voi, che siete piu' giovani, scrivete le vostre storie su un quadernino.
La vita potrebbe riservarvi grosse sorprese''.
(ANSA).
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